Dario Romano: Botticelli, la Nascita di Venere e la Primavera
In questo articolo scopriremo le due più celebri opere di Sandro Botticelli: la Nascita di Venere e la Primavera. Prima però, è opportuno fare una breve premessa sull'artista, per capire al meglio le sue opere. L'artista nacque nel 1445 a Firenze e svolse il suo apprendistato pittorico presso Filippo Lippi. L’artista nel corso della sua vita fu uno dei pittori preferiti della corte dei Medici. Furono tre gli artisti che influenzarono l’arte del Botticelli: Filippo Lippi, Andrea del Verrocchio e Antonio del Pollaiolo. Da questi tre maestri, Botticelli apprese l’uso di una linea di contorno di disegno. E’ una linea elegante, sinuosa, aggraziata e mobile. L’arte del Botticelli si caratterizzò anche per le fisonomie eleganti e fortemente idealizzate, rifiutando ogni canone realista. L’artista usa solitamente colori delicatamente intonati, quasi trasparenti, con i quali immergeva le figure in forme solenni e monumentali, in atmosfere rese da giochi luministici delicati. Noto per le sue opere a tema allegorico-mitologico, dove dipinge divinità pagane, senza scopi religiosi (apparentemente e dopo vedremo perchè), ma con scopi puramente culturali dell’arte rinascimentale, la sua fama è legata in particolare a due opere: La nascita di Venere e la Primavera, divenute delle vere e proprie icone del Primo Rinascimento italiano.
La Nascita di Venere
Il dipinto raffigura la nascita della dea dell’amore Venere,
che viene sospinta in riva da Zefiro e Aura. La dea è colta da una fanciulla
che le porge un manto con motivi floreali: tale fanciulla è Flora, dea della
primavera. Il tema è ispirato alla mitologia classica e Botticelli raffigura
Venere, riprendendo il concetto della statuaria classica, in particolare della
Venere Pudìca. Botticelli è essenzialmente un pittore semplice che adotta
soluzioni facili ed ambienta la scena in un paesaggio naturale: la natura è
descritta in modo stilizzato ciò si nota nelle onde rappresentati semplicemente
a “V” e ancora nelle rappresentazioni degli alberi, tutti uguali. L’artista
adotta una linea continua e morbida, dalle forme affusolate e dai colori
trasparenti e la composizione del dipinto appare simmetrica, mediante una linea
continua lungo tutte le figure.
Venus Pudìca, Museo Archeologico Nazionale di Atene.
Il dipinto ha un significato allegorico di tipo
neoplatonico, in cui l’amore rappresenta la forza portante della natura. Se
osserviamo questa Venere, nuda, notiamo che essa ha dei tratti poco femminili:
dei piedi brutti e poco aggraziati, delle spalle poco femminili, un collo lungo
o lo stretto sterno (non sopravviverebbe nella realtà). Questa complessiva
«bruttezza» genera nel complesso un ideale di bellezza nuovo, in cui l’artista
sacrifica la reale anatomia umana e questi dettagli sono particolarmente
importanti (tra poco vedremo perché). La Venere di Botticelli è ispirata alla
Venere Pudica: la dea che con posa sinuosa si copre il pube e il seno con la
mano. Essa è il punto mediano del dipinto, posta al centro tra i due venti e la
ninfa, in una sorta di triangolo. La Venere nasce già adulta sulle sponde del
mar Ionio. La Dea rappresentata nascente dalla schiuma del mare è sospinta da
Zefiro e Aura, che simboleggiano la brezza marina, e a sua volta è accolta da
una fanciulla, forse Flora, dea della primavera. Il volto della Venere appare
assorto, lei comunica l’idea di un amore non terreno, ma come manifestazione
di armonia del mondo. Le roselline selvatiche che scendono dal cielo
simboleggiano il sangue di Urano che fecondò l’acqua del mare. La nudità della
vergine non rappresenta un concetto pagano di bellezza femminile, ma al
contrario rappresenta la purezza e la nobiltà d’animo. Per cui questa
dea nuda raffigurata, non è portatrice di sensualità, bellezza o erotismo, come
per esempio troveremmo nelle figure femminili di Tiziano. Al contrario la
Venere di Botticelli sembra quasi essere l’anima purificata e non il corpo, la
figura è nuda, ma è una nudità intesa come purezza, come un’anima purificata
dal battesimo, simboleggiata dall’uscita dalle acque del mare (ecco perché
allora ciò che vediamo riguardo la «bruttezza fisica» sopracitata, dà come
risultato un corpo irreale, in quanto ciò che vediamo non è un corpo ma è
un’anima purificata). In un certo senso, possiamo dire che l’opera rappresenti
il mondo pagano al servizio di quello cristiano: ecco che dunque oltre al
significato neoplatonico abbiamo quello cristiano.
La Primavera
Sandro Botticelli, La Primavera, 1480, Uffizi, Firenze.
La primavera, al pari della Nascita di Venere, è l’altra
opera iconica di Botticelli. L’opera fu realizzata per il matrimonio di
Giuliano de Medici, ambientata in un aranceto, dunque possiamo vedere finora
come Botticelli si rese originale per la mancata raffigurazione di scenari
architettonici. La protagonista è la figura femminile posizionata al centro del
dipinto, circondata da altre figure classiche. Sopra di lei è posto Cupido,
mentre ai lati vi sono le tre grazie, delle ninfee, il vento Zefiro, che prende
la ninfa che si trasforma nella ninfa Flora e all’estrema sinistra vi è
Mercurio che mescola le nuvole con un bastoncino. Anche quest’opera come la
Nascita di Venere, ha interpretazioni di vario genere da quelle storiche a
quelle filosofiche, ciò deriva dal fatto che Botticelli non lasciò alcun
trattato sulla sua vita e le sue opere. Lo stile è caratterizzato da una
particolare attenzione al disegno, esaltando ancora una volta quella dimensione
irreale, con corpi senza possibilità alcuna di vita nella realtà. Lo spazio
è semplice e le figure spiccano sullo sfondo scuro. L’armonia ondeggiante delle
figure può essere definita musicale, mentre lo scenario vegetale appare poco
curato rispetto all’attenzione che Botticelli riservò alla rappresentazione
delle figure. Tra le varie interpretazioni si pensa che sia un’opera che si
attiene alle teorie neoplatoniche, diffuse nella Firenze quattrocentesca.
Botticelli era un seguace di questo pensiero secondo il quale l’arte deve
mostrare un mondo di perfetta armonia e bellezza ideale. Secondo questa
ipotesi, la Primavera rappresenta il passaggio dall’amore terreno a quello
spirituale. L’opera è ricca di allegorie e simboli, dove l’amore terreno è
rappresentato da Zefiro e Flora (nel gesto di Zefiro nell’afferrarla) e l’amore
contemplativo è rappresentato attraverso la mediazione di Venere. Le linee sono
morbide, ondulate e con forme eleganti. Le figure sono irreali, senza
possibilità alcuna di sopravvivere nella realtà, sono alte, sottili, dotate di
un dolce sguardo. Sulla destra si può notare Zefiro che afferra la ninfa Cloris
e da questo gesto si genera Flora, che sparge i fiori della primavera,
simboleggiando la rinascita della natura. Al centro cupido bendato, rappresenta
la casualità dell’amore. Al centro vi è anche Venere, la dea dell’amore, che
con il gesto della mano sollevata indica la via da seguire, ovvero quella dello
spirito. Al fianco di Venere sono 82 presenti le tre grazie, che simboleggiano
le tre qualità di Venere: la bellezza, la passionalità e la castità. Le tre
grazie danzano in cerchio, simboleggiando l’armonia.
Articolo di Dario Romano. Per approfondimenti, il contenuto è tratto dal mio libro: Rinascimento: I grandi maestri della pittura del '400.
Letto, come sempre, tutto d'un fiato! Le sue parole fanno innamorare dell'arte e ci vorrebbero più divulgatori come lei in televisione, nei musei, nei luoghi di cultura! Grazie maestro...
RispondiEliminaGrazie mille ❤️🎨
EliminaNon mi è mai piaciuto particolarmente Botticelli, ma devo dire che il tuo commento è stato super, bravo.
RispondiElimina