Dario Romano: Botticelli, la Nascita di Venere e la Primavera

 


In questo articolo scopriremo le due più celebri opere di Sandro Botticelli: la Nascita di Venere e la Primavera. Prima però, è opportuno fare una breve premessa sull'artista, per capire al meglio le sue opere. L'artista nacque nel 1445 a Firenze e svolse il suo apprendistato pittorico presso Filippo Lippi. L’artista nel corso della sua vita fu uno dei pittori preferiti della corte dei Medici. Furono tre gli artisti che influenzarono l’arte del Botticelli: Filippo Lippi, Andrea del Verrocchio e Antonio del Pollaiolo. Da questi tre maestri, Botticelli apprese l’uso di una linea di contorno di disegno. E’ una linea elegante, sinuosa, aggraziata e mobile. L’arte del Botticelli si caratterizzò anche per le fisonomie eleganti e fortemente idealizzate, rifiutando ogni canone realista. L’artista usa solitamente colori delicatamente intonati, quasi trasparenti, con i quali immergeva le figure in forme solenni e monumentali, in atmosfere rese da giochi luministici delicatiNoto per le sue opere a tema allegorico-mitologico, dove dipinge divinità pagane, senza scopi religiosi (apparentemente e dopo vedremo perchè), ma con scopi puramente culturali dell’arte rinascimentale, la sua fama è legata in particolare a due opere: La nascita di Venere e la Primavera, divenute delle vere e proprie icone del Primo Rinascimento italiano.

La Nascita di Venere

Botticelli, Nascita di Venere, 1485, Uffizi, Firenze.

Il dipinto raffigura la nascita della dea dell’amore Venere, che viene sospinta in riva da Zefiro e Aura. La dea è colta da una fanciulla che le porge un manto con motivi floreali: tale fanciulla è Flora, dea della primavera. Il tema è ispirato alla mitologia classica e Botticelli raffigura Venere, riprendendo il concetto della statuaria classica, in particolare della Venere Pudìca. Botticelli è essenzialmente un pittore semplice che adotta soluzioni facili ed ambienta la scena in un paesaggio naturale: la natura è descritta in modo stilizzato ciò si nota nelle onde rappresentati semplicemente a “V” e ancora nelle rappresentazioni degli alberi, tutti uguali. L’artista adotta una linea continua e morbida, dalle forme affusolate e dai colori trasparenti e la composizione del dipinto appare simmetrica, mediante una linea continua lungo tutte le figure.

Venus Pudìca, Museo Archeologico Nazionale di Atene.

Il dipinto ha un significato allegorico di tipo neoplatonico, in cui l’amore rappresenta la forza portante della natura. Se osserviamo questa Venere, nuda, notiamo che essa ha dei tratti poco femminili: dei piedi brutti e poco aggraziati, delle spalle poco femminili, un collo lungo o lo stretto sterno (non sopravviverebbe nella realtà). Questa complessiva «bruttezza» genera nel complesso un ideale di bellezza nuovo, in cui l’artista sacrifica la reale anatomia umana e questi dettagli sono particolarmente importanti (tra poco vedremo perché). La Venere di Botticelli è ispirata alla Venere Pudica: la dea che con posa sinuosa si copre il pube e il seno con la mano. Essa è il punto mediano del dipinto, posta al centro tra i due venti e la ninfa, in una sorta di triangolo. La Venere nasce già adulta sulle sponde del mar Ionio. La Dea rappresentata nascente dalla schiuma del mare è sospinta da Zefiro e Aura, che simboleggiano la brezza marina, e a sua volta è accolta da una fanciulla, forse Flora, dea della primavera. Il volto della Venere appare assorto, lei comunica l’idea di un amore non terreno, ma come manifestazione di armonia del mondo. Le roselline selvatiche che scendono dal cielo simboleggiano il sangue di Urano che fecondò l’acqua del mare. La nudità della vergine non rappresenta un concetto pagano di bellezza femminile, ma al contrario rappresenta la purezza e la nobiltà d’animo. Per cui questa dea nuda raffigurata, non è portatrice di sensualità, bellezza o erotismo, come per esempio troveremmo nelle figure femminili di Tiziano. Al contrario la Venere di Botticelli sembra quasi essere l’anima purificata e non il corpo, la figura è nuda, ma è una nudità intesa come purezza, come un’anima purificata dal battesimo, simboleggiata dall’uscita dalle acque del mare (ecco perché allora ciò che vediamo riguardo la «bruttezza fisica» sopracitata, dà come risultato un corpo irreale, in quanto ciò che vediamo non è un corpo ma è un’anima purificata). In un certo senso, possiamo dire che l’opera rappresenti il mondo pagano al servizio di quello cristiano: ecco che dunque oltre al significato neoplatonico abbiamo quello cristiano.


La Primavera

Sandro Botticelli, La Primavera, 1480, Uffizi, Firenze.

La primavera, al pari della Nascita di Venere, è l’altra opera iconica di Botticelli. L’opera fu realizzata per il matrimonio di Giuliano de Medici, ambientata in un aranceto, dunque possiamo vedere finora come Botticelli si rese originale per la mancata raffigurazione di scenari architettonici. La protagonista è la figura femminile posizionata al centro del dipinto, circondata da altre figure classiche. Sopra di lei è posto Cupido, mentre ai lati vi sono le tre grazie, delle ninfee, il vento Zefiro, che prende la ninfa che si trasforma nella ninfa Flora e all’estrema sinistra vi è Mercurio che mescola le nuvole con un bastoncino. Anche quest’opera come la Nascita di Venere, ha interpretazioni di vario genere da quelle storiche a quelle filosofiche, ciò deriva dal fatto che Botticelli non lasciò alcun trattato sulla sua vita e le sue opere. Lo stile è caratterizzato da una particolare attenzione al disegno, esaltando ancora una volta quella dimensione irreale, con corpi senza possibilità alcuna di vita nella realtà. Lo spazio è semplice e le figure spiccano sullo sfondo scuro. L’armonia ondeggiante delle figure può essere definita musicale, mentre lo scenario vegetale appare poco curato rispetto all’attenzione che Botticelli riservò alla rappresentazione delle figure. Tra le varie interpretazioni si pensa che sia un’opera che si attiene alle teorie neoplatoniche, diffuse nella Firenze quattrocentesca. Botticelli era un seguace di questo pensiero secondo il quale l’arte deve mostrare un mondo di perfetta armonia e bellezza ideale. Secondo questa ipotesi, la Primavera rappresenta il passaggio dall’amore terreno a quello spirituale. L’opera è ricca di allegorie e simboli, dove l’amore terreno è rappresentato da Zefiro e Flora (nel gesto di Zefiro nell’afferrarla) e l’amore contemplativo è rappresentato attraverso la mediazione di Venere. Le linee sono morbide, ondulate e con forme eleganti. Le figure sono irreali, senza possibilità alcuna di sopravvivere nella realtà, sono alte, sottili, dotate di un dolce sguardo. Sulla destra si può notare Zefiro che afferra la ninfa Cloris e da questo gesto si genera Flora, che sparge i fiori della primavera, simboleggiando la rinascita della natura. Al centro cupido bendato, rappresenta la casualità dell’amore. Al centro vi è anche Venere, la dea dell’amore, che con il gesto della mano sollevata indica la via da seguire, ovvero quella dello spirito. Al fianco di Venere sono 82 presenti le tre grazie, che simboleggiano le tre qualità di Venere: la bellezza, la passionalità e la castità. Le tre grazie danzano in cerchio, simboleggiando l’armonia. Mercurio sulla sinistra rappresenta la contemplazione. Tutte le figure dell’opera sembrano essere senza peso, lontanissime dalla realtà. I volti sono tutti uguali, assorti, malinconici e con forma ovale. Il capo di Venere è avvolto da un velo trasparente che ricade sulla tunica decorata con fiammelle dorate che simboleggiano fecondità e rinascita. In quest’opera quello che vediamo non solo riguarda il racconto, ma riguarda soprattutto una dimensione umanistica nei testi classici, in cui la figura di Venere vale come l’humanitas: essa è come l’allegoria dell’umanità che ha pensieri volti al bene, ai valori dell’uomo. Questa humanitas è intesa come cristianità, cosa c’è di più umano del sentimento cristiano dell’esistenza e della coscienza dell’uomo che dev’essere amico dell’uomo? Questa condizione è tutta rappresentata in questa Venere in veste pagane, ma che simboleggia una dimensione pacifica e armonica, facendo sentire l’ordine delle cose: da un lato infatti Mercurio caccia le nuvole in favore del sereno. Allo stesso modo le tre grazie danzano in questa totale dimensione pacifica e armonica. Potremmo definire quest’opera come un grande poema dell’armonia o come pittura dell’armonia. Ciò è notabile anche dal gesto di Zefiro nell’afferrare Flora: quest’ultima diffonde fiori ovunque creando ornamento nel mondo. Ecco che dunque il gesto di rapina di Zefiro diventa una ragione e un motivo per diffondere l’armonia e la felicità in forme di fiori e foglie. Ne esce un’atmosfera così penetrante da poter trovare un corrispondente nella Pioggia di Pineto di Gabriele D’Annnunzio, evocando uno stato d’animo di felicità dei valori profondi in cui l’umanità crede, valori presenti nel quadro del Botticelli. Il quadro diventa come una testimonianza della nostra coscienza in attesa del bene: ognuno di noi quando aspira alla pace e alla felicità pensa ad una condizione di un’attesa della perfezione, questo quadro dunque può rappresentare il paradiso in terra, il paradiso delle virtù dell’uomo, il luogo della felicità attraverso il pensiero ed il sapere, attraverso appunto l’humanitas: questa è la Primavera del Botticelli.


Articolo di Dario Romano. Per approfondimenti, il contenuto è tratto dal mio libro: Rinascimento: I grandi maestri della pittura del '400.







Commenti

  1. Letto, come sempre, tutto d'un fiato! Le sue parole fanno innamorare dell'arte e ci vorrebbero più divulgatori come lei in televisione, nei musei, nei luoghi di cultura! Grazie maestro...

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  2. Non mi è mai piaciuto particolarmente Botticelli, ma devo dire che il tuo commento è stato super, bravo.

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