Dario Romano: L'arte di Lautrec e Munch
Lautrec, Un angolo al Moulin de la Galette, 1892, National Gallery of Art, Washington.
Henri de Toulouse-Lautrec
L’artista
è nato nel 1864 a Saint-André-du-Bois. Come molti artisti del suo tempo,
descrisse l’ambiente di Montmartre, un quartiere alla moda di Parigi, con i
suoi bar, i teatri e le sale da ballo. Ritrasse soprattutto il mondo dei
bassifondi, che egli amava frequentare. Due cadute da cavallo, in giovane età,
gli limitarono l’uso delle gambe: forse per questo riuscì a capire meglio la
solitudine e i problemi di chi frequentava i bassifondi. L’artista è
considerato un pittore di passaggio tra l’Impressionismo e l’arte del primo
Novecento. Mantenne il segno rapido degli Impressionisti, aggiungendovi però un
accentuato uso della linea, con forme stilizzate e spesso caricaturali. La
linea, mossa e continua, lo avvicinò alla nascente Art Nouveau. Significativa è
la sua produzione grafica, finalizzata alla realizzazione di manifesti
pubblicitari per spettacoli teatrali e di cabaret. Lautrec concepisce i suoi
dipinti come fedele specchio della quotidianità urbana. Rappresenta il mondo
della notte ed i suoi protagonisti, riuscendo a scavare nella psicologia di
quanti lavoravano sotto la luce dei riflettori di Montmartre: l’artista pone la
sua attenzione anche sugli avventori di questi locali. Lautrec ritrae i locali
di Montmartre e i suoi protagonisti in modo convincente, pacato e realistico,
senza giudizi morali o etici, ma raccontandoli come qualsiasi altro aspetto
della vita contemporanea.
Lautrec, A letto, 1892, Museo d’Orsay, Parigi.
Animato da uno spirito eclettico e poliedrico, Lautrec è stato un grafico, prima che un pittore, ed in tale campo la sua arte ha raggiunto vette altissime. L’amore per il disegno lo stimolò ad imparare subito la pratica litografica a colori ed è così che arrivò a collaborare con un cospicuo numero di riviste di alto livello. Con questa intensa attività da grafico, Lautrec contribuì a restituire dignità a questo genere artistico, sino a quel momento considerato minore per via dei convenzionalismi borghesi.
Lautrec,
Moulin Rouge, stampa, Museum of Fine Arts, Houston.
Edvard Munch
Munch
nacque in una fattoria norvegese del 1863. Nel 1868 la madre morì di
tubercolosi, anche la sorella prediletta, Sophie, morì di tubercolosi a 15 anni
e queste esperienze di dolore toccarono il giovane Edvard nel profondo,
segnando per sempre la sua vita e la sua pittura. Nel maggio del 1885, grazie a
una borsa di studio si recò a Parigi, dove rimase affascinato dalla pittura di
van Gogh e soprattutto di Gauguin. Realizzò opere sui temi dell’amore e della
morte, che suscitarono critiche negative per la loro violenza espressiva. Una
sua mostra fu chiusa dopo pochi giorni dall’apertura: questo lo rese famoso in
tutta Europa. La sua attività, negli anni di fine Ottocento, si fece intensa,
eccetto una pausa per il ricovero sanitario per curare problemi di alcolismo.
Nel 1904 divenne membro della Secessione di Berlino, con Emil Nolde e Vasilij
Kandiskij. Dal 1904 visse in Germania, a Berlino, ad eccezione di qualche
viaggio a Parigi e in Italia. Nell’ottobre del 1908 a Copenaghen, iniziò a
soffrire di allucinazioni ed ebbe un crollo nervoso, finendo ricoverato.
Durante il Nazismo le sue opere furono considerate come “arte degenerata” ma
continuò a dipingere con successo. Morì di polmonite, nel 1944, nella sua
grande casa di Ekely, presso Oslo. Il pittore solitario dell’angoscia, Edvard
Munch, di origine norvegese, rappresentò i fantasmi che costellarono la sua
vita interiore, fortemente segnata dal lutto e dal dolore: questa sorta di
angoscia interiore è visibile nell’opera della Madre morta e la sua bambina.
Munch, Madre morta e la sua bambina, 1899, Munch-museet, Oslo.
La pittura di Munch anticipa forme e temi dell’Espressionismo,
come nella sua opera più celebre, L’urlo, che ebbe grande successo, soprattutto
in Germania. Così Munch descrive il quadro nel suo diario: “Camminavo lungo la
strada con due amici quando il sole tramontò. Il cielo si tinse all’improvviso
di rosso sangue; mi fermai, mi appoggiai stanco morto a un recinto sul fiordo
nero e azzurro e sulla città c’erano sangue e lingue di fuoco. I miei amici
continuavano a camminare e io tremavo ancora di paura e sentivo che un grande
urlo infinito pervadeva la natura”. L’artista ne realizzò quattro versioni con
tecniche diverse. L'urlo rappresenta un sentiero in salita sulla collina
di Ekberg sopra la città di Oslo, spesso confuso con un ponte, a causa del
parapetto che taglia diagonalmente la composizione; su questo sentiero si sta
consumando un urlo lancinante, acuto, che in quest'opera acquisisce un
carattere indefinito e universale, elevando la scena a simbolo del dramma
collettivo dell'angoscia, del dolore e della paura. Il soggetto urlante è la
figura in primo piano, terrorizzata, che per emettere il grido (e non per
proteggersene) si comprime la testa con le mani, perdendo ogni forma e
diventando preda del suo stesso sentimento: più che un uomo, infatti, ricorda
un ectoplasma, con il suo corpo serpentiforme, quasi senza scheletro, privo di
capelli, deforme. Si perde insieme alla sua voce straziata e alla sua forma
umana tra le lingue di fuoco del cielo; le sue narici sono dilatate e gli occhi
sbarrati, testimoni di un abominio immondo. Ma il vero centro dell'opera è
costituito dalla bocca che, aprendosi in un innaturale spasmo, emette un grido
che distorce l'intero paesaggio, che in questo modo restituisce una sensazione
di disarmonia, squilibrio. Questo sentimento di malessere non è esclusivo né
dello sfondo, né dell'animo di Munch: è infatti distintivo del pessimismo fin de siècle diffuso
in quel periodo, che cominciò a mettere in dubbio le certezze dell'essere
umano, proprio mentre Sigmund Freud indagava
gli abissi dell'inconscio. A rimanere immutati e dritti sono esclusivamente il
parapetto e i due personaggi sulla sinistra della composizione. Queste due
figure umane sono sorde sia al grido sia allo sconvolgimento emozionale
espresso dal pittore: non a caso, sono collocate ai margini della composizione,
quasi volessero uscire dal quadro. È in questo modo che Munch ci restituisce in
modo molto crudo e lucido una metafora della falsità dei rapporti umani. Sulla
destra, invece, è collocato il paesaggio, innaturale e poco accogliente, quasi
fosse un'appendice dell'inquietudine dell'artista: il mare è una massa nera ed
oleosa, mentre il cielo è solcato da lingue di fuoco, con le nuvole ondulate
che sembrano cariche di sangue. L'urlo presenta un forte effetto
espressivo, ottenuto mediante un'associazione di colori complementari
(rosso-verde, azzurro-arancio) in modo da mettere in risalto il cromatismo del
dipinto. Le tonalità calde le troviamo nella parte alta del quadro, così da
conferire maggior peso alla composizione, controbilanciando l'addensamento
degli elementi compositivi in basso. Analogamente, i colori chiari sono
collocati intorno al volto del personaggio, che in questo modo viene esaltato
agli occhi dell'osservatore. Vi è un netto contrasto anche tra le linee: quelle
dello sfondo sono infatti curvilinee, quasi magmatiche, e vengono interrotte
dalla geometricità delle diagonali che vanno a costituire il parapetto del
sentiero. Interessante notare che l'andamento del personaggio in primo piano
viene ripetuto, in una sorta di pendant simmetrico, dalle
linee curve dello sfondo, mentre la verticalità delle due figure che percorrono
il sentiero fa eco al parapetto del sentiero: ne consegue che, mentre
l'ambiente sembra quasi voler partecipare al dramma psichico che sta lacerando
la figura in primo piano, le due persone viste di spalle sono saldamente
ancorate alla dimensione concreta della realtà, insensibili ai drammi della
vita. Si crea così uno stato di forte tensione emotiva, messo ulteriormente in
rilievo con un sapiente gioco delle linee di forza: quelle del sentiero
convergono presso i due personaggi sulla sinistra, mentre quelle appartenenti
alla figura in primo piano, muovendo dal basso, tendono verso le sue mani.
Altri importanti elementi del dipinto sono il sentiero e il suo parapetto,
senza i quali la figura principale quasi si fonderebbe con lo sfondo: la
funzione di quest'ultimo, pertanto, è quella di staccarla dal paesaggio e di
enfatizzare la sua individualità. Figura e sfondo, insomma, appartengono dal
punto di vista compositivo a due livelli differenti.
Munch,
L’urlo, 1893, Museo nazionale di Arte, architettura e disegno, Oslo.
Articolo di Dario Romano.
Commento super ed esaustivo, grazie Dario!
RispondiEliminaGrandiosa descrizione di questi due artisti
RispondiEliminaContenuti interessanti, la seguo con piacere e curiosità professore.
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