Sono molti gli artisti che hanno affrontato opere riguardanti la Passione di Cristo, ovvero la Crocifissione, la morte e la Resurrezione. In occasione della settimana della Santa Pasqua, proverò a narrare e descrivere tale tematica storica, attraverso l'arte di tre grandi geni, tra i più grandi artisti di tutti i tempi. Si tratta di tre artisti veneti, nonché assoluti giganti della pittura della storia dell'arte occidentale di ogni tempo, che rispondono ai nomi di Tintoretto, Mantegna e Tiziano, protagonisti del Rinascimento. Le tre opere che descriverò, sono dotate di un forte realismo, di una forte emotività, di monumentale teatralità e soprattutto di una forte luce divina in grado di farci ben sperare nella fede della vittoria sulla morte: non potevano esserci testimonianze migliori, di questi tre capolavori, per affrontare una tematica come questa, che richiede maggiore convinzione, rispetto al solito, nella fede e nella speranza di vita eterna.
Jacopo Tintoretto, Crocifissione, olio su tela, 518x1224 cm, 1565, Scuola Grande di San Rocco, Venezia.
Chiunque si rechi alla Scuola Grande di San Rocco, il luogo dell'apoteosi artistica del Tintoretto, rimane sbalordito dall'enorme telero della Crocifissione posta nella Sala dell'Albergo. Tintoretto era il pittore ufficiale della confraternita di San Rocco, e realizzò questo capolavoro in brevissimo tempo, ovvero un solo anno, considerato anche il grandissimo formato del dipinto. In questo lavoro è possibile ammirare tutte le caratteristiche tipiche dell'arte del pittore Veneziano, noto anche con il soprannome di Furioso per via delle sue forti ed energiche pennellate di colore. In questo quadro si avverte proprio l'energia, la forza e la potenza del drammatico evento, dove al centro, isolato, vi è il Cristo crocifisso raffigurato con un potente ed energico corpo. Ciò che colpisce guardando il dipinto è immediatamente il continuo movimento delle figure e la forte teatralità preannunciando il Barocco. Di Tintoretto si disse che sia il primo regista cinematografico della storia. Potremmo definire la sua pittura come una pittura d'azione, come un regista che mette in scena il suo lavoro, e allora notiamo i continui gesti di movimento delle figure: ai piedi addolorati vi sono San Giovanni e le Pie Donne e la Madonna straziata dal dolore. Ciò che fa Tintoretto è camminare sulla gigantesca tela, per chilometri e chilometri, girando questo spettacolare, drammatico e teatrale film, in cui sentiamo il chiasso dei personaggi, il dolore delle persone care a Cristo, avvertendone la drammaticità. Accanto al tipico tocco teatrale, Tintoretto esegue in maniera straordinaria e geniale l'altro suo celebre marchio di fabbrica: la suggestiva poetica luministica. Questa raggiunge il suo apice nel corpo di Cristo, dove si staglia, in un tenebroso e potente cielo notturno che ricorda quello del Polittico Averoldi di Tiziano, una luminosa luce Celestiale, divina, speranzosa e potente. Ecco che dunque avvertiamo quella lotta tra le tenebre della morte, segnate dal notturno e tempestoso cielo, e la luce della speranza e della vittoria della vita sulla morte, segnata dal bagliore luminoso che avvolge il Cristo, come per dirci "Vincerò", generando uno straordinario chiaroscuro che farà da scuola apripista per Caravaggio, poco tempo dopo. Un altro elemento di impeccabile esecuzione, che anticiperà il Barocco, è l'eccezionale realismo che il Tintoretto applica alla scena: un'abilità generata grazie alla creazione del continuo movimento nello spazio della dinamica composizione, in aggiunta all'immediatezza della furiosa pennellata. E' indescrivibile la sensazione di stupore, di spettacolo e di meraviglia che provoca questo dipinto quando lo si osserva dal vivo: si viene coinvolti e catturati dalla potente figura del Cristo come a sussurrare "Salverò l'umanità", in un risultato estremamente realistico, tale da dare l'impressione che ci stia veramente cadendo addosso. Tintoretto crea questo capolavoro, ovvero uno dei suoi tipici "film", estremamente reale e drammatico che trova corrispondenza e collegamento nel celebre Cristo morto del Mantegna, un altro capolavoro di straordinario realismo.

Jacopo Tintoretto, Crocifissione, Particolare.
Il Cristo morto del Mantegna, è il "il naturale continuo" di ciò che ci racconta il Tintoretto nella sua Crocifissione. Si presuppone che la datazione di questo dipinto sia compresa tra il 1475 ed il 1483, ovvero il periodo appena successivo alla realizzazione della Camera degli Sposi a Mantova, con le regole della prospettive applicate nell'Oculo, portate alle estreme conseguenze nel Cristo morto. Per quanto riguarda la commissione, si pensa che il quadro sia stato realizzato dal Mantegna per un uso personale, forse per decorare la sua cappella funeraria. Considerata una delle più celebri opere dell'artista, questo capolavoro è celebre per le innovazioni, in quel tempo inedite, del genio di Mantegna: la forza espressiva, il forte realismo e la prospettiva sul corpo, ne fanno oggettivamente il più alto risultato pittorico della storia dell'arte del Quattrocento, nonché uno degli emblemi del Rinascimento italiano. Mantegna è per antonomasia il dio della prospettiva ed in quest'opera apportò una straordinaria innovazione mai vista prima: la prospettiva sul corpo umano. Un primo realismo possiamo notarlo nella figura della Vergine che piange il figlio morto: Maria veniva sempre raffigurata come una giovane fanciulla idealizzata, mentre qui per la prima volta Mantegna la dipinse per quello che in realtà era, ovvero una donna di mezz'età. Ciò che colpisce nella figura della Vergine è il volto espressivo, dal quale possiamo sentirne il dolore, piangente e segnato da quella resa straordinaria della lacrima, verso il povero figlio morto ingiustamente. Di Mantegna si diceva che scolpì in pittura, ed osservando la figura del Cristo morto ci accorgiamo che sembra proprio essere una statua. Egli è avvolto da un realistico panneggio, la Sacra Sindone, e raffigurato in prospettiva disteso, concepito come fosse un'architettura, con i piedi in primo piano. I fori delle mani e dei piedi si presentano molto
realistici, mentre dalla destra proviene una luce radente, che trova corrispondenza in quella vista pocanzi nel dipinto del Tintoretto: essa illumina il corpo del Cristo, esaltando la perfetta anatomia ed evidenziando i contrasti, tecnica ripresa poi da altri pittori successivi, tra cui Caravaggio.
Questa luce dà maggiore volume e tridimensionalità a tutto il
dipinto, basta guardare al realismo delle pieghe del lenzuolo o alla
cassa toracica del corpo. Questa luce che rende così luminoso e forte il corpo del Cristo, ci preannuncia la sua futura vittoria sulla morte, preannunciata già dalla medesima luce nella Crocifissione del Tintoretto. L’artista
però ha anche applicato un punto di vista dall’alto, che gli consentì di rappresentare
alla perfezione dettagli che altrimenti sarebbero sfuggiti, perché troppo
scorciati.
L’eccellente scorcio prospettico esprime un sentimento di grande impatto
emotivo, dove ogni dettaglio viene accentuato magistralmente dalle linee
incisive. Anche in quest'opera, come in quella precedente del Tintoretto, risulta indescrivibile la meraviglia dello stupore che si prova mentre la si osserva: anche qui è il Cristo, figura dominante della scena, a catturare e coinvolgere lo spettatore e a guidarne lo sguardo, che ne fissa i piedi in primo piano, segnati dai fori che ne sollevano la carne ferita, osservando man mano il resto del corpo fino ad arrivare alla testa. Questo forte realismo espressivo e questa potente luce che ci preannuncia la vittoria della vita sulla morte, troverà corrispondenza nella prossima opera che tratterò: il Polittico Averoldi di Tiziano, con un'attenzione particolare allo scomparto centrale, ovvero quello della Resurrezione.

Andrea Mantegna, Cristo Morto, 1475-1483, Pinacoteca di Brera, Milano, Tempera su tela, 68x81 cm.
Andrea Mantegna, Cristo Morto, Particolare.

Andrea Mantegna, Cristo Morto, Particolare.
Dalle opere del Tintoretto e del Mantegna abbiamo visto un Cristo, convinto della sua vittoria sulla morte e dotato di un forte realismo e di grande impatto emotivo e potenza, questa enfatizzata dal grande vigore luministico, lo stesso che si renderà protagonista nella Resurrezione del Polittico Averoldi di Tiziano Vecellio. Quest'opera è stata realizzata tra il 1520 ed il 1522, quando Tiziano aveva già realizzato capolavori del calibro dell'Amor Sacro e Amor Profano e soprattutto dell'Assunta dei Frari, che lo consacrò come il più grande pittore del Rinascimento. Questo capolavoro è stato eseguito per Altobello Averoldi: si tratta di un polittico per la Collegiata dei Santi Nazaro e Celso di Brescia. L'idea di realizzare un polittico è un po' antiquata, ma il sommo pittore cadorino accetta l'incarico realizzando un risultato sorprendente, ricco di innovazioni che fanno già pensare al realismo Barocco: osservando l'opera ci verrebbe subito in mente l'idea che l'autore possa essere Caravaggio, e ciò dimostra l'intuizione geniale del Tiziano, in anticipo ed estremamente moderno per il suo tempo. L'opera è talmente straordinaria che alla sua realizzazione riscosse un enorme successo, venendo giudicata come "la meglio pittura ch'egli facesse". Tiziano raffigura un Cristo umano e divino al contempo, un Cristo che vince la morte, che si innalza al cielo con una potenza mai vista prima, in posa statutaria (come fosse un eroe greco) e con una luce che mette a fuoco tutta la sua energia e la sua vittoria sulla morte, lasciando in ombra i soldati che guardano attoniti ed impotenti dinanzi a tale forza trionfante. Il potente Cristo sembra dirci "ho vinto, posso superare qualsiasi ostacolo e così anche l'intera umanità" e la sua vittoria è marcata anche dallo straordinario cielo che concepisce Tiziano, un cielo mai visto prima: un cielo oscuro che anticipa il Tenebrismo, un cielo estremamente tempestoso dovuto dalla gigantesca potenza del Cristo vincente sulla morte. La Resurrezione di Tiziano è una vittoria dell'umanità sulla morte, dove un Cristo divino ed umano al contempo, ci mostra tutta la sua potenza innalzandosi in un cielo oscuro e tenebroso, da cui diviene portatore di luce divina, di luce della speranza, in una lotta tra luce e tenebre - la stessa che avevamo visto nella Crocifissione del Tintoretto - in cui la prima esce trionfante in maniera estremamente convinta. La totale ombra dei volti impauriti dei soldati, simboleggia la totale sconfitta delle tenebre della morte dinanzi alla luce divina del Cristo: si tratta della Resurrezione più potente e speranzosa di fede di tutta la storia dell'arte, partorita da quello che si rivelerà poi essere, il più versatile, creativo, influente e grande pittore di tutti i tempi, maestro incontrastato per tutti gli artisti a lui successivi e ricordato come il Sole che splende tra le stelle, non solo tra i pittori d'Italia ma di tutto il mondo. Vi è anche un altro dettaglio che risalta e che rende estremamente moderno un sistema antiquato come il polittico, ovvero la figura in basso a destra del San Sebastiano, considerato il nudo maschile più meraviglioso della storia dell'arte. Esso è dotato di un corpo energico e potente come quello del Cristo e proprio con il Cristo dialoga: l'energia del Cristo vittorioso dialoga con l'energia del San Sebastiano apparentemente vinto, ma dotato della stessa luce del Cristo, da cui apprende come vincere sulla morte. Tiziano ebbe l’originale innovazione di conferire
tale unità mediante il colore e la luce, entrambi gli elementi ad azione
dinamica, convergono verso il fulcro,
ovvero la scena centrale, nonché
elemento catalizzatore dell’intera rappresentazione. Il risultato
notevole è quello di una grande figura monumentale ed estremamente realistica
che supera di gran lunga il plasticismo di Michelangelo in quanto "più arretrato" ed ancorato agli schemi dei disegni con contorni marcati. Il San Sebastiano di questo prezioso polittico
sembra già catapultato all’epoca Barocca, per i dettagli rappresentati dal
genio di Tiziano. In una lettera documentata, l’ambasciatore Jacopo Tibaldi, affermò che il Polittico Averoldi fosse il miglior
dipinto che sia mai stato creato. Tibaldi rimase folgorato dalla sublime bellezza del san Sebastiano,
tanto che pianificò di staccarlo dal polittico, ma alla fine rinunciò per
non rovinare l’opera. Il Divino pittore raffigura un martire
flebilmente aggrappato all’ultimo bagliore
di vita, colto nel fugace momento dell’approssimarsi della fine. Tiziano con il San Sebastiano raffigura un naturalismo
e realismo esasperato nel commovente e drammatico dettaglio della carne del
braccio destro, abbandonata, che pare tagliarsi come burro contro la fitta trama della corda. Questa grande opera è potente e
incredibilmente reale, tanto che sembra quasi abitarla e di
essere totalmente immersi nella struggente perfezione creata da Tiziano a soli trent’anni, perfezione
che non riuscirà mai più nessuno ad eguagliare e che ci insegna che tutti abbiamo una luce di vita in grado di sconfiggere le tenebre della morte, proprio come la Resurrezione di Cristo di questo eccezionale capolavoro della storia dell'arte di ogni tempo.

Tiziano Vecellio, Polittico Averoldi, 1520-22, Collegiata dei Santi Nazario e Celso, Brescia, Olio su tavola, 278x292 cm.
Tiziano Vecellio, Polittico Averoldi, particolare della Resurrezione.
Tiziano Vecellio, Polittico Averoldi, particolare del San Sebastiano.
Articolo di Dario Romano.
Complimenti prof. Dario Romano, era dai tempi di Argan che non leggevo un commento d'arte così completo e critico. Per quanto riguarda le opere, beh che dire... Tintoretto Mantegna e Tiziano sono mostri sacri della pittura, concordo in tutto ciò che ha scritto. 👏🏻👏🏻
RispondiEliminaAddirittura Argan... Troppo gentile, è un onore per me, grazie mille! 🎨❤️
EliminaSenza parole... Commento sulla Passione di Cristo di una ricchezza culturale gigantesca...grandissimi Tiziano, Tintoretto e Mantegna, tributato nella maniera più perfetta dal sig. Dario Romano...
RispondiEliminaAmen❤️🙏🏻
Grazie mille! 🎨❤️
EliminaChe potenza nelle opere e nel commento che lei ha fatto maestro, ho avuto i brividi leggendo le sue parole ed allo stesso tempo guardando le opere!
RispondiEliminaGrazie mille. ❤️🎨
EliminaHo visto anni fa questi 3 meravigliosi capolavori del Mantegna, Tintoretto e Tiziano e all'epoca rimasi sbalordita dinanzi a tanta meraviglia. Oggi, leggendo il suo commento, rimango ancora più sbalordita ed onorata di aver avuto la possibilità di averle viste. ❤️
RispondiEliminaCommento impeccabile, dettagliato e minuzioso, ricco di particolari.Grande passione per l'arte etanta ricchezza culturale. Grazie professore Dario Romano per le sue perle di cultura , la seguo sempre con grande passione e ammirazione. Grazie!
RispondiEliminaMeraviglia
RispondiEliminaStrepitosi! Unici! Da lacrime di ammirazione
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