David di Michelangelo, dettaglio.
David è una figura biblica molto importante ed è stato rappresentato in molte opere d'arte nel corso dei secoli. Nella tradizione biblica, David è conosciuto come il giovane pastore che sconfisse il gigante Golia con una fionda e un sasso, diventando poi il re di Israele. La sua storia è descritta principalmente nel Primo Libro di Samuele nell'Antico Testamento. Nel contesto artistico, la figura di David ha assunto diverse interpretazioni e rappresentazioni nel corso dei secoli. Ogni artista ha dato il proprio tocco personale alla figura di David, creando opere che riflettono le tendenze artistiche e culturali del loro tempo. La figura di David è spesso associata a concetti come coraggio, eroismo, fede e potere divino, e queste caratteristiche sono state trasmesse attraverso diverse interpretazioni artistiche nel corso dei secoli. la figura di David è stata una fonte d'ispirazione per molti artisti nel corso dei secoli. Le sue gesta eroiche e il simbolismo associato alla sua storia sono stati rappresentati in molte opere d'arte, spesso sottolineando l'idea di coraggio, trionfo e potere divino.

David di Donatello, 1440, Museo del Bargello, Firenze.
La scultura più emblematica del ‘400 italiano è il David bronzeo di Donatello, che rappresenta anche il più celebre capolavoro di questo scultore. Si tratta del primo nudo a sé stante, di scultura, dai tempi dell’antica Roma. L’opera fu commissionata da Cosimo de’ Medici e Donatello si ispira alle perfette forme anatomiche della statuaria antica, senza però tralasciare un certo realismo, visibile nel cenno del capo e nella tensione del corpo e della mano destra. La scultura rappresenta Davide con ai piedi la testa del gigante Golia, ma secondo altre interpretazioni potrebbe simboleggiare anche il Dio Mercurio, con ai piedi la testa di Argo. Donatello riprende la dimensione intellettuale della statuaria di Prassitele, soprattutto nella posa del David, ma in una dimensione più naturalistica. Tuttavia se da un lato l’ispirazione è di chiara derivazione antica, da un altro lato si possono notare alcune distanze con il classico, per esempio se si guardano le lievi asimmetrie nella posa del corpo, o se si nota quel senso del reale visibile nel volto di David che non è solo pensieroso, ma evoca anche una certa potenza e una certa superiorità, tipica di un adolescente ribelle, con uno sguardo di compiacimento, conscio e orgoglioso della sua impensabile impresa compiuta. il David simboleggia quella virtù civica, dove la ragione trionfa sulla forza bruta e irrazionale. Donatello concepisce il David in piedi, con una lunga capigliatura sciolta, con un cappello a punta decorato da una ghirlanda di alloro. Ciò che avvicina questa statua all’antico, oltre la nudità, è l’armonia della posa, mollemente appoggiata sulla gamba destra, e il corpo morbido ma al contempo vivace, dell’esile e gracile fanciullo, composto così com’è descritto nelle storie bibliche. L’armoniosa postura evoca una sensazione di disinvoltura, ma al contempo di fierezza e orgoglio per il mostro sconfitto, la cui testa poggia sotto il piede sinistro dell’eroe. Ciò che rende il "David" di Donatello particolarmente interessante è l'uso innovativo della tecnica e dei materiali. La scultura è stata realizzata in bronzo, un materiale che permetteva maggiori dettagli e finiture rispetto alla tradizionale pietra o marmo utilizzati in precedenza. Inoltre, la statua è una delle prime opere di Donatello ad adottare la tecnica del bassorilievo, in cui alcune parti del corpo e dell'abbigliamento di David sono leggermente incise e sporgono dallo sfondo, creando un effetto tridimensionale.
Michelangelo Buonarroti, David, 1501-1504, Galleria dell'Accademia, Firenze.
Oggi si considera, senza approfondire veramente la storia, il David come opera interamente di Michelangelo, ma in realtà non è così. Nel 1501 i consoli dell'Arte della Lana e l'Opera del Duomo di Firenze commissionarono a Michelangelo il David e doveva essere posto in uno dei contrafforti esterni posti nella zona absidale della cattedrale di Santa Maria del Fiore. Si trattava di un gigantesco blocco di marmo già lavorato dallo scultore Agostino di Duccio tra il 1463 ed il 1464 ed in seguito da Antonio Rossellino nel 1476. I due scultori decisero di abbandonarlo in quanto il marmo è di qualità scadente, ma avevano già dato una forma colossale del corpo umano ed infatti veniva già chiamato "il colosso" ancor prima che venisse affidato a Michelangelo. Il marmo è di qualità scarsa poiché presenta numerose fenditure e fori, detti taroli, e alla tendenza intrinseca di quella tipologia di marmo alla cottura, cioè alla perdita di coesione dei cristalli. Il "colosso", come veniva chiamato all'epoca, fu un trionfo di ostentato virtuosismo anatomico, allontanandosi con forza dall'iconografia tradizionale dell'eroe biblico in senso atletico, con un giovane nel pieno delle forze che si appresta alla battaglia, piuttosto che come un adolescente trasognato e già vincitore. Tuttavia l’allontanarsi dal vero e proprio David adolescente ed esile delle storie bibliche, suscitò delle critiche, così come la sproporzione della mano destra, che risulta troppo grande e della testa, anch'essa troppo grande. Questi dettagli ci permettono di discostarci dai comuni toni stereotipati di chi descrive il David di Michelangelo come un qualcosa di perfetto: in realtà di perfetto non vi è nulla; le forme sproporzionate non hanno nulla della perfetta ponderazione e misurazione dell'antica statuaria classica del mondo greco-romano o delle perfette anatomie che ritroveremo qualche secolo dopo in uno scultore come Antonio Canova. Le membra del David sono
tutte in tensione e il volto è concentrato, manifestando quindi la massima
concentrazione sia fisica che psicologica. Michelangelo decise dunque di
rappresentare il David non nel suo momento da vincitore come fece Donatello, ma
nel suo momento di riflessione, mentre attua un piano per sconfiggere Golia. Nella
realizzazione degli occhi Michelangelo perfezionò la tecnica di perforare le
pupille affinché potessero evitare la luce e creare un gioco di ombre che rende
gli occhi molto più penetranti. Per evitare di porre il peso della statua sulla
parte sinistra del blocco, più debole, Michelangelo appoggia tutto il peso
sulla gamba destra, rafforzata da un piccolo tronco che ha una funzione
essenzialmente statica, come nella statuaria antica. La posa è quella tipica
del contrapposto, che, tramandata anche
nel medioevo, derivava dal canone di Policleto. Infatti il braccio
destro e la gamba sinistra sono rilassate, al contrario delle altre due
estremità. Il corpo atletico, al culmine della forza giovanile, si manifesta
tramite un accuratissimo studio dei particolari anatomici, dalla torsione del
collo attraversato da una vena, alla struttura dei tendini, dalle venature su
mani e piedi, alla tensione muscolare delle gambe, fino alla muscolatura
anatomica del torso. Qualcuno ha voluto giustificare Le imprecisioni nelle forme, che vedono la testa e le mani
imperfette, e più grandi rispetto al resto del corpo, sostenendo che la grandezza della testa simboleggia la grandezza della
ragione, e la grandezza delle mani simboleggia l’operare della ragione. Tuttavia sono delle giustificazioni infondate in quanto Michelangelo non aveva pensato in realtà a nulla di tutto ciò, mostrando solamente i suoi limiti tecnici di essere umano, che a sua volta giocano un interessante contrasto con il virtuosismo straordinario e vorticoso di alcuni particolari come i capillari, scolpiti in maniera ottimale in quanto Michelangelo aveva studiato l'anatomia dei corpi maschili in prima persona, analizzando i cadaveri. Il David di Michelangelo era tuttavia simbolo di una Repubblica. Nel contesto storico del Rinascimento, Firenze era una città governata da un sistema repubblicano, in cui il potere era detenuto dal popolo. La statua di David, con la sua figura eroica che lotta per difendere la sua comunità, è stata interpretata come un simbolo della forza e della difesa della libertà repubblicana. La posizione originale della statua all'ingresso del Palazzo Vecchio di Firenze, la sede del governo della città, sottolineava il legame tra il potere politico e la figura di David. La statua era considerata un'icona di orgoglio civico e di identità fiorentina. Simboleggiava la capacità del popolo di Firenze di resistere alle minacce esterne e alle forze oppressive, riflettendo così i valori repubblicani di autogoverno e indipendenza. La statua di David di Michelangelo, oltre a rappresentare il coraggio e la vittoria personale di un eroe biblico, acquisisce quindi un significato politico e simbolico più ampio. È un simbolo dell'identità e dell'aspirazione alla libertà di Firenze come repubblica, incarnando l'idea che un popolo libero e determinato può difendere i propri valori e il proprio governo.
Tiziano Vecellio, Davide e Golia, Basilica di Santa Maria della Salute, Venezia, 1545-46.
Il Davide e Golia di Tiziano Vecellio è un dipinto rinascimentale che raffigura il momento in cui Davide, il giovane pastore e futuro re di Israele, sconfigge il gigante filisteo Golia. Questo dipinto, realizzato intorno al 1542-1544, rappresenta una delle opere che si colloca nella fase tarda dell'artista veneziano. Nella scena dipinta da Tiziano, vediamo Davide in primo piano, con il suo sguardo diretto verso l'alto e il suo corpo in tensione mentre impugna la spada con la quale ha appena decapitato Golia. La figura di Davide è ritratta in un momento di trionfo, mentre il gigante Golia giace morto ai suoi piedi. Per questo motivo, tra le opere del David questa di Tiziano è sicuramente quella dove esplode maggiormente il trionfo della vittoria del bene sul male. Il dipinto di Tiziano presenta una composizione dinamica e un uso magistrale del colore. La figura di Davide è illuminata da una luce dorata che enfatizza il suo ruolo di protagonista, mentre Golia è raffigurato con colori più scuri, segno della sua malvagità e della sua sconfitta. L'attenzione di Tiziano per i dettagli anatomici e la resa vivida delle espressioni facciali contribuiscono a rendere la scena ancora più realistica e coinvolgente. L'opera è infatti il manifesto della vittoria del bene sul male, della debolezza che supera la forza e dell'ascesa di un eroe umile al potere. Il dipinto celebra il coraggio, la fede e la determinazione di Davide nel fronteggiare e sconfiggere il gigante. Allo stesso tempo, la figura di Davide rappresenta un ideale di virtù e umanità che può ispirare gli osservatori a identificarsi con il personaggio biblico. Tiziano, con la sua abilità artistica, riesce a trasmettere la tensione emotiva della scena e a suscitare nell'osservatore una sensazione di ammirazione per la vittoria di Davide. La sua interpretazione del tema di Davide e Golia ha influenzato molti artisti successivi e testimonia la sua maestria nell'arte del ritratto e nella rappresentazione delle scene bibliche. Inoltre un dettaglio magistrale, che rende quest'opera la più straordinariamente creativa ed originale, riguardante il tema del David, è la prospettiva del sotto in su con cui Tiziano dipinge la scena: Tiziano inventa l'iconografia raffigurando un David in orazione con le mani giunte verso il cielo, dimostrando anche una certa pietà per il gigante sconfitto, ed il suo gesto corrisponde allo schiarirsi del cielo nuvoloso, simboleggiando così la grazia. Con questa capacità di innovazione, rivoluzionando l'iconografia, Tiziano conferma ancora una volta la sua ineguagliabile abilità e maestria nella pittura e nell'immaginazione.
Caravaggio, Davide e Golia, 1609-1610, Galleria Borghese, Roma.
Il Davide con la testa di Golia rappresenta uno
degli ultimi dipinti di Caravaggio, forse
l’ultimo. Siamo dinanzi ad un’altra
decapitazione, dove Golia è l’autoritratto
celeberrimo dell’artista. L’opera fu dipinta
poco tempo prima della morte, che arrivò nel
1610 a Porto Ercole, ai confini dello stato
della chiesa, dove il Caravaggio era stato
portato su una barca con la promessa
dell’ottenimento del perdono e dunque della
possibilità di rientrare a Roma. Ma arrivato a
Porto Ercole, il maestro morì
improvvisamente all’età di 38 anni, forse per
una febbre malarica. La tomba non è mai stata
ritrovata ed il grande maestro svanisce nel
nulla. Prima di svanire lasciò questa sublime
testimonianza del suo rovello morale. Il
Davide ha in mano la testa del gigante Golia e
lo mostra al popolo giubilante. Nella
rappresentazione del Caravaggio, il giovinetto
vincitore non ha l’aria del trionfatore e guarda
con infinita compassione la testa dello
sconfitto. Sembra proprio l’emblema generale
del Caravaggio, che culmina nel suo più
simbolico autoritratto: egli inseguito da una
condanna a morte, decide di darsela nel quadro, ma
vede bene che non è la morte foriera o
portatrice di dolore, bensì è la vita, in quanto la
morte non è nulla. Infatti il giovinetto non ha
alcuna gioia in questo, anzi guarda mesto,
avvolto da quel sistema di illuminazione del
Caravaggio, dove la luce non entra da nessuna
fonte ben chiara ma è guidata dalla mente
dell’artista come se avesse immaginato la luce
artificiale, come un direttore delle luci
cinematografico. Potremmo definirlo un maestro dell’artificio,
ma non un artificio inteso come inganno, bensì come capacità creativa dell’uomo. Così
in questo quadro, la condanna a morte è stata
eseguita, ma se c’è un modello che può servire
per condannare l’uso della pena di morte è il quadro stesso. Da questo dipinto si capisce bene che
la pena di morte non esiste, perché essa non è
una pena, è inutile darla in quanto la morte è il
passaggio in un’altra dimensione: in effetti
questi due personaggi è come se stessero
passando in un’altra dimensione, ovvero
quella del dolore, dove nessuno può sanare
veramente e la faccia decapitata di Golia che grida ed urla morente. In verità non è morto,
è dentro sé stesso, non vede più nulla a parte il
buio. La luce che il Caravaggio aveva cercato
sempre per tutta la vita, cala sul quadro e parla
di compassione, di pace e di quiete, che però
non si può raggiungere in quanto l’arte a un
certo punto si ferma ed oltre non può andare.
Dobbiamo considerare però, che il Caravaggio
ha avuto un arco creativo che è arrivato
proprio ai limiti delle possibilità espressive,
ecco perché chiunque si avvicini a lui ne
capisce la forza rivoluzionaria e lo apprezza
profondamente, ed ecco perché tra le opere del David, quella di Caravaggio è quella più intima e drammatica.
David di Bernini, 1623-24, Galleria Borghese di Roma.
Il David è una delle più celebri sculture di Bernini. Abbiamo visto come nei secoli diversi scultori si sono impegnati nella realizzazione di questo eroe biblico, da Donatello a Michelangelo. Il David di Bernini è però indubbiamente il migliore in scultura, in termini di dinamismo, teatralità ed espressività, elementi tipici barocchi. Bernini realizzò questo capolavoro a soli venticinque anni, dimostrando
la sua eccezionale abilità che lo contraddistinse da molti altri scultori del
suo tempo. Le caratteristiche contraddistinguono questa scultura dalle altre versioni ad opera di illustri scultori
quali Donatello e Michelangelo, sono collegabili allo
stile barocco tipico delle statue marmoree del Bernini. Lo scultore sceglie di
rappresentare David nel momento esatto in cui sta accumulando forza per
scagliare la pietra addosso al gigante Golia. La forte torsione del corpo e
l’espressione tesa dimostrano la grande concentrazione del protagonista, poiché
la mossa che sta per attuare potrebbe cambiare radicalmente le sorti
dell’incontro. Nessun dettaglio è lasciato al caso, proprio
come vuole la tradizione barocca: il volto è segnato dal forte sforzo, le
labbra sono rientrate ed i capelli in movimento. Questi dettagli non fanno altro che dimostrare la
forza impressa da David per effettuare l’attacco. Se in altre opere di Bernini
è presente un solo punto di vista privilegiato, in questa ne troviamo
addirittura tre, dove ciascuno permette di ammirare dei dettagli ed aspetti
unici della scultura. La grande attenzione ai particolari in questa scultura è dimostrata dalla presenza, ai piedi del protagonista, della corazza
donata all’eroe da re Saul per combattere il nemico. Tuttavia al momento del
conflitto, David ha preferito non indossarla poiché troppo pesante ed avrebbe
ostacolato i suoi movimenti. Oltre all’armatura, è presente anche una testa
d’aquila: questo non è altro che un
riferimento alla casata Borghese, committente di questa straordinaria opera. Con
quest’opera Bernini muta il significato che nel Rinascimento era stato
attribuito all’eroe biblico, rappresentandolo come espressione di azione e forza.
Un altro straordinario dettaglio è il corpo a spirale, dove le sue parti sono
rivolte in più direzioni: ciò comporta uno sbilanciamento poiché poggia tutto il
suo peso sulla gamba destra. Le sensazioni dominanti scaturite da questa
scultura sono l’immediatezza e la forza dell’azione: il risultato del suo gesto
infatti deciderà le sorti del popolo ebraico. Osservando il particolare della
mano che impugna la fionda, è evidente come Bernini seppe unire un potente
effetto dinamico alla cura raffinata del dettaglio. La nudità del David
rappresenta anche la virtù morale che trionfa sulla forza fisica di Golia. Il busto
del David è scolpito come se fosse in una sequenza cinematografica: esso è
ruotato verso destra, con la gamba sinistra tesa e il piede sollevato e nella
massima estensione del corpo prima del lancio del sasso; a sua volta il piede
destro funge da perno del movimento rotatorio: tra tutti i David che conosciamo nel mondo dell'arte, quello di Bernini è sicuramente l'emblema dell'azione.
Descrizioni eccellenti, grazie prof!
RispondiEliminaTiziano e Caravaggio trasmettono il pathos e la catarsi, e considerato che non avevo mai fatto dei paragoni le sculture (che ammiro) in questo scenario passano in secondo piano, come se non reggessero il confronto.
RispondiEliminaGrazie Romano 👏
Grazie prof. Sempre una garanzia quando ci racconta l'arte. Conoscevo già le sculture, ma i dipinti di Tiziano e Caravaggio sono meravigliosi ed emotivamente il massimo, concordo con Lea Zini!
RispondiEliminaBravissimo, tieni sempre incollato alla lettura con la tua enorme conoscenza sull'arte.
RispondiEliminaNon ricordavo le opere di Tiziano e Caravaggio e devo dire che stupiscono per il pathos e per esecuzione tecnica, una spanna sopra le sculture in questione.
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