Dario Romano: L'arte dell'Impressionismo
Un Viaggio Pittorico Attraverso i Maestri dell'Impressionismo
L'impressionismo è un movimento artistico che ha rivoluzionato il mondo dell'arte nel XIX secolo, introducendo nuove prospettive, tecniche e concetti di espressione. Questo stile pittorico, nato in Francia alla fine del XIX secolo, ha lasciato un'impronta indelebile nella storia dell'arte, influenzando generazioni di artisti e cambiando radicalmente il modo in cui il mondo veniva rappresentato sulla tela. In questo articolo, esploreremo l'arte dell'impressionismo attraverso le opere di alcuni dei suoi più grandi maestri.
L'Impressionismo:
Con l’invenzione della fotografia gli artisti non dovevano più riprodurre fedelmente la realtà:
nacque così l’Impressionismo, una corrente artistica che rifiutava la pittura accademica per dipingere la realtà all’aperto, attraverso l’immediata “impressione”di forme, luci e colori. L’impressionismo durò poco ma fu una vera e propria rivoluzione nell’arte. L’Impressionismo nasce a Parigi come evoluzione del Realismo pittorico e viene conosciuto dal grande pubblico nel 1874, con l’esposizione tenuta nella galleria del fotografo Félix Nadar che fu un clamoroso insuccesso. Parigi è la ville lumiére, ovvero la città della luce, le sue stazioni ferroviare sono simboli del progresso che sembra dirigere il mondo occidentale. Gli Impressionisti si incontrano nei caffè, dai quali passa la vita veloce e variopinta della città. Essi discutono con scrittori, musicisti e filosofi. Questi artisti raccontano un mondo che sembra mutare a ogni attimo ed elaborano il linguaggio pittorico dei tre grandi e divini maestri veneti rinascimentali, che tanto amano e studiano: Tiziano, Veronese e Tintoretto.
Monet, Stazione di Saint-Lazare, 1877, Fogg Art Museum di Cambridge.
Gli artisti impressionisti ritraggono spesso la figura umana nell’insieme di una folla, nelle piazze, nei teatri e in luoghi di ritrovo. Spesso vengono rappresentati paesaggi naturali, la vita quotidiana nelle grandi città, la folla dei boulevards parigini o gli interni dei caffè e dei teatri. Questi artisti dipingono dal vero, en plein air (all’aria aperta), per fissare la prima impressione che l’occhio riceve incontrando la realtà. Sono anche interessati a trasmettere il senso di movimento, rielaborando la lezione veneta. Essi studiano anche le leggi dell’ottica e la scomposizione della luce, servendosi, talvolta, della fotografia nella scelta delle inquadrature: spesso le immagini dipinte sembrano continuare oltre il limite della tela (si parla di taglio fotografico, derivato a sua volta da un altro grande veneto come Andrea Mantegna). Il tocco è veloce, è assente la linea e manca un disegno preparatorio (rielaborando ancora una volta la lezione Veneta) e le forme sono costruite con il colore. La luce è importantissima, trasmette i colori, incontrando gli oggetti e si scompone nei colori dell’iride. I colori sono accostati, sulla tela, puri, a tratti veloci o a macchie ed il nostro occhio ricompone l’immagine (proprio come avviene guardando i dipinti dell’ultimo Tiziano, in particolar modo la Pietà). Le ombre non sono nere, ma corrispondono a zone meno luminose e vengono ottenute sovrapponendo colori complementari (rimarcando Paolo Veronese), che hanno l’effetto di potenziarsi a vicenda. Tra gli artisti più rappresentativi ritroviamo sicuramente Manet, Monet e Renoir: osservano la natura e la vita nelle grandi città con i paesaggi, gli scorci cittadini e cercano di rendere sulla tela la prima impressione che l’occhio coglie, senza soffermarsi sui particolari.
Manet:
Edouard Manet nacque a Parigi nel 1832 da una famiglia influente e piuttosto agiata. Il padre Auguste era un giudice e avrebbe voluto che il figlio intraprendesse la medesima carriera. Fin da ragazzo Manet avrebbe voluto studiare nella prestigiosa scuola delle Belle Arti. Dopo averlo imbarcato per un anno su una nave, il apdre lo fece studiare arte presso l’atelier di Thomas Couture. All’accademia strinse amicizia con Degas, Monet, Renoir, Sisley, Cézanne e Pissarro. Anche se era consone con le idee, rifiutò di esporre con gli impressionisti nella loro prima mostra del 1874. Questo artista è considerato il maestro degli Impressionisti pur non avendo mai ufficialmente aderito al gruppo e ne ha anticipato le ricerche, sostenendo le loro sperimentazioni. Ha avuto una formazione accademica ed ha sempre nutrito un amore incondizionato per l’arte di Tiziano, il genio rinascimentale. Manet ha sempre cercato di partecipare ai Salon (le mostre periodiche volute da Napoleone III) ma suscitava scandalo presso il pubblico e la critica. L’artista unisce tradizione e modernità: come l’arte del Tiziano, ha scelto temi come il nudo femminile, il paesaggio e il ritratto; ha adottato questi temi alla realtà contemporanea, colta nei suoi molteplici aspetti, introducendo anche una nuova tecnica pittorica, basata su stesure piatte di colore. Una delle opere più celebri di Manet è la Colazione sull’erba, presentata al Salon parigino nel 1863: tuttavia fu giudicata sconveniente. Si ispira apertamente al capolavoro giovanile di Tiziano del Concerto Campestre, che lo stesso Manet vide al Louvre, ma presenta un nudo femminile non idealizzato ma realistico ed i personaggi appartengono alla borghesia parigina del tempo. La pennellata è veloce ed ampia e le forme non sono rifinite. I colori sono contrastanti e privi di sfumature intermedie, mentre il volume non deriva dal chiaroscuro ma dal rapporto tra colori vicini, elaborando la lezione del Veronese. Manet elimina la prospettiva, e per rendere la profondità dello spazio ha dipinto accostando zone di colore piatto, di tono diverso, in modo da produrre la percezione della lontananza, come fosse un’evoluzione del Tonalismo rinascimentale Giorgionesco e Tizianesco. Manet sa che la “lettura” delle cose avviene a distanza e che è il nostro occhio a ricostruire un’immagine incompiuta e tridimensionale. L’occhio dello spettatore cade inevitabilmente sui colori più chiari, quelli del cesto a terra e dei corpi diafani delle due signore. La scena ritrae una conversazione tra due uomini vestiti e una donna senza abiti: in secondo piano un’altra donna, vestita con una tunica leggerissima, è intenta a bagnarsi nel torrente. Gli abiti e il paniere abbandonati sull’erba compongono una moderna natura morta, mentre il nudo femminile “ordinario” e non “mitologico” turba la sensibilità dei contemporanei.
Manet, Colazione sull’erba, Musée d’Orsay, Parigi, 1863.
confronto con il Concerto Campestre di Tiziano (Louvre, Parigi, 1510) da cui si ispirò.
Un’altra celebre opera di Manet è un chiaro riferimento esplicito ad un’altra celebre opera di Tiziano, la Venere di Urbino. L’opera in questione di Manet è l’Olympia. Notiamo questa donna che ci guarda con la mano sul pube, ma con delle differenze rispetto alla Venere di Tiziano. Vi è una domestica di colore che porge alla donna un bouquet di fiori: è evidente che non si tratta di Venere, ma di una prostituta. Difatti Olympia era uno dei nomi più comuni nei romanzi con prostitute per protagoniste. Si tratta di una donna che ci guarda, ma senza quella sensualità e quella ricca passione della Venere di Tiziano, è una donna senza passione e senza sensualità raffinata, consapevole del suo lavoro e della sua identità e ci guarda in maniera sfrontata ma senza minaccia. Notiamo anche un'orchidea, fiore considerato afrodisiaco e dunque aderente al lavoro di questa donna. Notiamo anche il dettaglio del nastrino sul collo che ci fa notare la moda delle prostitute di quel periodo e si nota anche un gattino sulla destra, molto nervoso ed elettrico, che è un po' la versione contraria del cagnolino fedele di Tiziano: il gatto simboleggia l'egoismo, l'indipendenza. Oltre a questo contenuto, l'aspetto più straordinario è la tecnica che usa Manet: questo quadro è un'orchestra sinfonica basata solo sui neri e sui bianchi con una maestria straordinaria. A Manet interessa il gioco di contrapposizione delle modulazioni delle tonalità dei bianchi e dei neri, che sembra far uscire queste figure dal quadro. Questa contrapposizione magistrale è condita dalla piena citazione dell'iconografia Tizianesca (Manet era un grande conoscitore della pittura di Tiziano, avendole viste dal vivo e realizzato tante copie a riguardo) e la cita in maniera pertinente e volenterosa. L'opera sembra quasi come fosse una fotografia fatta col flash, come se fosse appiattita. La mano sul pube, non è perfetta come quella della Venere di Urbino di Tiziano, bensì risulta piatta e senza un perfetto scorcio: l'interesse di Manet era quello di parlare di pittura attraverso la pittura, in cui non vi è più il modellato del chiaroscuro ma vi è la contrapposizione dei contrari che segnano la grandezza di questo quadro.
Confronto tra la Venere di Urbino di Tiziano (1538, Uffizi, Firenze) e l’Olympia di Manet (1863, Museo d'Orsay, Parigi.)
Monet:
Claude Monet nacque nel 1840 a Parigi e successivamente si trasferì a Saint-Adresse, presso le Havre, dove il padre gestiva un negozio. A 15 anni cominciò a disegnare a matita e a carboncino, vendendo alcune caricature e guadagnando un po' di denaro e fama che gli permise di studiare all'Académie Suisse. Conobbe Delacroix, Courbet e Pisarro, frequentando luoghi in cui si incontravano pittori realisti e letterati e poeti come Baudelaire. Con Renoir soggiornò per un breve periodo a Bordighera: qui il suo stile muta, anticipando i Fauves. A Parigi, nel 1865, fu ammesso al Salon con due sue Marine e nel 1883 si trasferì in Normandia, in un casolare vicino ad un piccolo affluente della Senna con un molo per le barche che utilizzava per dipingere sull'acqua. Una delle sue opere più celebri, Impressione levar del sole, fu presentata alla mostra del 1874, ma non ebbe alcun successo. Rispetto alla tradizionale pittura di paesaggio gli elementi che compongono il panorama non sono riprodotti con precisione e manca la prospettiva. Gli unici elementi figurativi sono la piccola barca di pescatori, alcune Gru, alcune ciminiere ed il sole rosso sullo sfondo. Si intuisce la descrizione di una marina, con lo sfondo di ciminiere ed infrastrutture portuali: rappresenta un ambiente quasi magico. Le pennellate veloci rendono molto bene il cromatismo Veneto della scena, spiccano le tonalità blu e i rosa ed il tutto è reso con delicate velature. L'orizzonte non si percepisce, si perde nell'azzurro degli oggetti sfocati in secondo piano. Monet, a partire dal 1866, ha condotto uno studio sistematico en plain air dei soggetti naturali, sperimentando i canoni del movimento impressionista. Il nome del movimento impressionista deriva proprio da questo quadro e la critica di allora, malevola, utilizzo il termine impressione, in riferimento allo stesso dipinto, indicando qualcosa di negativo. Difatti la critica malevola di allora affermò che perfino un bambino riuscirebbe a realizzare un disegno più rifinito, ed è proprio l’incompletezza ciò che verrà rimproverato a Monet durante tutta la sua carriera, rimproveri provenienti anche da parte dei suoi collezionisti. L’accusa è proprio quella di non rifinire i quadri, ma invece è proprio questo l’elemento rivoluzionario: questa impressione di sole nascente, in qualche modo, ha l’ambizione, che l’artista perseguirà per tutta la vita, di fissare l’attimo fuggente di quella particolare atmosfera effimera e breve che il nostro occhio fissa per un attimo e che il pittore deve cercare di rendere definitiva. L’artista cerca, in questo quadro, di creare una dimensione di sospensione totale tra il cielo e la terra, tra la realtà ed il sogno: non c’è una dimensione sentimentale nelle opere di Monet, bensì vi è questo senso dell’area che fa parte di una lunga tradizione della pittura occidentale. Per Monet ciò che è importante non è il soggetto, bensì quello che vi è tra l’artista stesso ed il soggetto e dunque ciò che interessa a Monet è che la rappresentazione sia immersa nella bellezza dell’area. La bellezza dell’area è ciò che rende la visione sempre nitida, nonché ciò che permette il prevalere dell’azzurro, difatti lo stesso Leonardo da Vinci diceva che la lontananza inazzurra le cose ed effettivamente in un’opera come Impressione levar del sole cogliamo questo senso di spessore di ciò che ci separa dall’oggetto che vediamo.
Monet, Impressione, levar del sole, 1872, Museo Marmottan Monet, Parigi.
Monet, a partire dal 1866, ha condotto uno studio sistematico en plain air dei soggetti naturali, sperimentando i canoni del movimento impressionista. Per Monet nulla è fermo e nulla può essere fissato sulla tela: l'esperienza della realtà avviene attraverso impressioni che si succedono nella nostra memoria visiva. L’artista era affascinato dalla natura e la studiava dal vero, nella convinzione che ogni cosa dipinta sul posto abbia sempre una forza, un potere ed una vivacità di tocco, elementi che non si ritrovano nel suo studio. Il pittore fu il vero padre dell'Impressionismo e per tutta la vita si focalizzò sull’attenzione del colore, sulla percezione delle forme, sulla rappresentazione del movimento e sul rapporto tra realtà ed immagine trasmessa dall’occhio. A lui si devono le serie, ovvero dipinti che rappresentano lo stesso soggetto in diverse condizioni di luminosità, in diverse ore del giorno e stagioni dell’anno ed in diverse condizioni atmosferiche, cercando di comprendere il modo in cui muta l’immagine al variare della luce esterna.
Monet, Camille
e Jean sulla collina, 1875, National Gallery, Washington.
Le serie dei
pioppi, dei covoni, della Cattedrale di Rouen si mostrano come delle istantanee
che, osservate in successione, rendono l’idea di trascorrere del tempo. Per la
prima volta nella storia della pittura viene rappresentata la quarta
dimensione: il tempo. La serie delle Cattedrali di Rouen è formata da 50
dipinti realizzati tra il 1892 ed il 1894 e raffiguranti lo stesso punto di
vista. Ciò che cambia sono le condizioni della luce sul portale. Monet lavora
sul motivo e sull’effetto: il primo rappresenta la costante, il secondo
rappresenta la variabile. L’artista ha scelto un tema, in questo caso la
Cattedrale di Rouen, indagando tutte le possibili variazioni atmosferiche e
luminose. In qualche modo la costante è quasi un pretesto che permette di valutare
questi effetti di luce che rendono sempre più lontana dal reale la pittura di
Monet, sebbene sia dipinta rimanendo fedele alla visione vera, ad una visione
che si è effettivamente svolta storicamente in un certo luogo. I pioppi, i
covoni, sono alcuni di questi motivi all’origine delle sue serie, ma la più
famosa è probabilmente quella della cattedrale di Rouen. In questa città viveva
suo fratello Leon, e Monet si trova li nel 1892 in quanto muore la sua
sorellastra. Con l’occasione cerca un motivo, dopo aver percorso tutti gli
itinerari della città, e decide di concentrarsi sulla facciata della cattedrale
e quindi si sposta in un negozio di biancheria dalla quale vede molto bene la
facciata. Da questa biancheria l’artista ha delle angolazioni ottimali per
studiare la facciata della cattedrale in qualsiasi ora del giorno ed in
qualsiasi periodo di stagione.
Monet, Serie della Cattedrale di Rouen, 1892-94.
Nel 1883 Monet si trasferisce a Giverny, un villaggio a nord di Parigi, lungo il corso della Senna. Nel 1890, deviando il corso di un torrente, realizza un giardino d’acqua in cui fa crescere piante acquatiche, soprattutto ninfee. Lo stagno con le ninfee rappresenta il soggetto quasi esclusivo della sua ricerca a Giverny. Circa 60 dipinti e centinaia di studi mostrano il percorso dell’artista negli ultimi 30 anni della sua vita. L’artista abbandona il quadro da cavalletto e si avvicina alla superficie dell’acqua, in quel mondo di forme, di luci e di colori galleggianti. Negli ultimi dipinti lo stagno con le ninfee diviene un mondo a sé, quasi astratto, fatto di puri colori che si trasformano l’uno nell’altro. Con questo soggetto l’artista ha arricchito l’Orangerie, un padiglione posto nel giardino delle Tuileries, a Parigi. Fu chiamato così perché il re Luigi XVI lo aveva adibito a serra invernale per alberi di arancio. Alla fine dell’Ottocento venne trasformato in sede espositiva con le sue stanze di forme ovale, prive di spigoli. Monet lavorò negli ultimi 12 anni della sua vita a un progetto di allestimento del padiglione avente come soggetto lo stagno delle ninfee: realizzò 22 tele, alcune collegate tra loro, disposte lungo le pareti in modo da creare un fregio orizzontale.
Monet, Lo stagno delle ninfee, 1899, Museo d’Orsay, Parigi
Degas:
Degas nacque a Parigi nel luglio del 1834. Frequentava gli impressionisti, tuttavia rimanendo ai margini del movimento a causa del suo modo personale di osservare il paesaggio e la vita cittadina. Tra il 1856 ed il 1860, in compagnia del pittore simbolista Gustave Moreau, Degas visitò città italiane come Napoli e Roma. Pittore realista per passione, ebbe un occhio particolare nel cogliere e raffigurare, con taglio quasi fotografico, la realtà che lo circonda. Nei ritratti catturò gli aspetti psicologici essenziali dei personaggi, analizzandoli e riproducendoli con grande espressività artistica. Pittore e scultore, sviluppò la sua formazione artistica attraverso esperienze personali. Degas fu uno degli impressionisti presenti a tutte le mostre, a partire dal 1874. L'artista ha usato e sviluppato tecniche ed un linguaggio personale ed originale, distaccandosi dalle ricerche degli altri artisti. I temi più amati e ricorrenti di Degas sono quelli della vita mondana, ovvero del teatro, dei caffè e delle corse di cavalli. Dotato di ampia cultura artistica, il pittore ha lavorato prevalentemente in studio, affidandosi quasi esclusivamente alla memoria o ad immagini fotografiche. Egli è stato molto influenzato dalla fotografia: i tagli compositivi, spesso obliqui o dall'alto, suggeriscono la prosecuzione dell'immagine oltre i limiti del quadro. Le sue tele mostrano una visione non definitiva del soggetto, sembrano come delle istantanee che fanno immaginare il punto di vista di un osservatore di passaggio. Diversamente da altri impressionisti, Degas ha elaborato disegni preparatori per le sue opere e si distingue per il gran uso della linea veloce, spesso sdoppiata, che rende l'immediatezza dei gesti e la percezione del movimento.
Degas, cavalli da corsa davanti alle tribune, 1868, Museo d’Orsay, Parigi.
Nel dipinto dei Musicisti, i tre soggetti sono rappresentati in primo piano come se il pittore si trovasse veramente alle loro spalle. Per questo motivo essi sono in parte tagliati dalla tela, come accade in un’istantanea fotografica. Le ballerine sul palcoscenico, più lontane, sono rappresentate con una tecnica più veloce, immerse nello sfavillo delle luci. Nell’opera della Classe di danza, la tela è impostata su una prospettiva obliqua, con un punto di fuga esterno alla composizione. L’effetto è dinamico, manca un centro definito e l’occhio dello spettatore è obbligato a spostarsi continuamente. L’artista vuole cogliere la spontaneità della prova di danza e alcune ballerine sono fissate in pose poco ufficiali.
Degas, Musicisti,1871, Städelsches Kunstinstitut, Francoforte.Nell’opera del Fayer della danza al teatro dell’Opera, Degas ci mostra un gruppo di giovani ballerine intente negli esercizi di danza, all’interno di un’aula di cui si vede solo uno scorcio, come in una fotografia. La lezione è del celebre maestro Louis Mérante: egli ha un bastone con cui corregge la postura delle ragazze. Alcune ballerine attorno osservano con attenzione e aspettano il loro turno, oppure si rilassano. La scena trasmette un senso di eleganza delicata e raffinata grazie ai colori e alla leggiadria delle ballerine. L’interesse del pittore per una visione dinamica della composizione è data dalla presenza della grande arcata nel centro, delle porte e della sedia in primo piano. Gli studi cromatici inducono l’artista ad usare l’accostamento di un colore all’altro per avere più luminosità possibile, evitando però di mischiarli. L’artista usa spesso i colori puri, come nei fiocchi colorati dei costumi delle ragazze.
Degas, Fayer della danza al teatro dell’Opera, 1872, Museo d’Orsay, Parigi.
Edgar Degas si è dedicato anche alla scultura, per dare alle sue figure “più espressione, più ardore, più vita”. I soggetti sono gli stessi di quelli pittorici, come i cavalli da corsa e le ballerine. Degas realizza sculture con la cera e l’argilla ed ha approfondito gli studi sul movimento, ha modellato le forme in modo dinamico, lasciando sulla superficie delle irregolarità che determinano effetti di luce mutevoli. Il modello in argilla della Ballerina di 14 anni venne presentato da Degas alla mostra impressionista del 1881. Era completata con capelli veri fissati da un nastro di raso, tutù di tulle e scarpette: l’immagine acerba e non idealizzata della loro fanciulla ha scatenato la critica del tempo, che considerava sgradevole il suo estremo realismo. Dopo la morte dell’artista, molte delle sculture trovate nel suo studio (circa 150) sono state fuse in bronzo. Nei disegni preparatori della ballerina di 14 anni è evidente come Degas utilizzasse la linea per comprendere il movimento della figura e il suo rapporto con lo spazio. Tra le sculture di Degas è celebre anche quella del Cavallo al galoppo. Eadweard Muybridge era un fotografo britannico che sperimentò la cronofotografia utilizzando più macchine fotografiche. Scattava foto in successione regolare, in modo da ottenere un effetto dinamico: ciò consentiva anche di studiare la posizione degli arti di uomini o di animali in corsa, cosa che mai era stata possibile prima. Il cavallo a galoppo di Degas sintetizza i movimenti della corsa, influenzato da questi esperimenti fotografici.
Degas, Ballerina di 14 anni, 1879, Museo d’Orsay, Parigi.
Degas, Scultura del cavallo a galoppo, 1881, Museo d'Orsay, Parigi.
Renoir:
Pierre Auguste Renoir nacque a Limoges nel 1841, sesto di sette figli, e visse dall’età di 3 anni a Parigi. Nonostante l’interesse per la musica, il padre lo indirizzò alla decorazione della porcellana, nella speranza che diventasse un buon artigiano. Fu ammesso all’école des Beaux-Arts nel 1862 dove conobbe Sisley, Bazille e Monet, con i quali iniziò a recarsi presso Fontainebleau per dipingere en plein air. Nel 1864 fu ammesso al Salon, e tra il 1874 ed il 1877 è con gli Impressionisti. Grazie alla vendita di alcune opere iniziò a viaggiare in Italia, dove si innamora delle opere di Tiziano, e in Algeria. Soffriva di reumatismi, si trasferì nel sud della Francia e, costretto sulla sedia a rotelle, dipinse facendosi legare il pennello alla mano. Nel Ballo al Moulin de la Galette, Renoir illustra la scena che si espande anche al di fuori della cornice ed il movimento che domina il dipinto è dovuto alla diagonale tracciata dalla panchina su cui si appoggiano i personaggi al centro. Il soggetto popolare e la composizione, in apparenza disordinata, sono espressione tipica dell’arte impressionista ma l’impressione di una sorta di dissolvimento delle forme provocò reazioni negative da parte dei critici dell’epoca. Il colore, steso in rapide pennellate che emulano il Tiziano anziano, alterna toni caldi e freddi, creando luci ed ombre e un senso di gioioso movimento. Non vi è un soggetto principale, ciascun personaggio appartiene a un gruppo ben definito di persone: chi balla, chi chiacchiera o chi guarda semplicemente. La luce del sole illumina i personaggi attraverso le fronde degli alberi, producendo macchie di colore sui personaggi. Renoir è il pittore di scene di vita vissuta, testimone della società borghese del tempo. L’opera ritrae un ballo popolare all’aperto, in un vecchio mulino abbandonato. Il nome del locale fa riferimento ai dolci che venivano offerti come consumazione, compresi nel costo del biglietto d’entrata. Si osservano persone che chiacchierano e altre che ballano a suon di musica, adornati da eleganti abiti tipici del tempo, i così detti “abiti della domenica”.
Renoir, Ballo al Moulin de la Galette, 1876, Museo d’Orsay, Parigi.
Renoir è stato uno degli interpreti più convinti e spontanei del movimento impressionista. Artista prodigiosamente prolifico, con all'attivo ben cinquemila tele e un numero altrettanto cospicuo di disegni e acquerelli, Renoir si è distinto anche per la sua poliedricità, tanto che possiamo distinguere numerosi periodi nella sua produzione pittorica. Renoir non fu mai animato dall'accanito idealismo di un Monet o di un Cézanne e, anzi, ricorse spesso all'esempio degli antichi maestri. Rispetto ai suoi colleghi Renoir si sentiva «erede di una forza viva accumulata nel corso delle generazioni» (Benedetti) e per questo motivo fu più disposto a prendere ispirazione dall'eredità del passato. Anche nella maturità, infatti, non cessò mai di considerare il museo come il luogo congeniale alla formazione di un artista, ravvisandone la capacità di insegnare «quel gusto della pittura che la sola natura non ci può dare». L'opera di Renoir si pone come punto di incontro (o di scontro) tra esperienze artistiche molto eterogenee. Di Rubens lo attraeva molto la vigoria e la corposità della pennellata e la magistrale resa degli incarnati, altamente espressivi, mentre dei pittori rococò francesi - Fragonard e Boucher primi fra tutti - apprezzava molto la delicatezza e la fragranza della materia cromatica. Ancora più proficuo fu il viaggio che effettuò in Italia nel 1882. Il tour italiano ebbe inizio a Venezia: Renoir fu letteralmente stregato non solo dall'arte di Carpaccio e di Tiepolo (Tiziano e Veronese non erano una novità siccome li aveva già ammirati de visu al Louvre), ma anche dal fascino della Laguna e dalle sue peculiarità, e subito si preoccupò di cogliere l'identità atmosferica tra aria, acqua e luce che caratterizzava quei luoghi, descritti nei suoi dipinti con grande zelo indagatorio. Di Tiziano fu particolarmente impressionato nella resa delle figure femminili, che cercherà di emulare, tanto che in un dialogo col padre Renoir disse “La pittura non si racconta, si guarda. Non servirebbe a nulla dirti che le cortigiane di Tiziano fanno venire voglia di accarezzarle. Un giorno andrai tu stesso a guardare i quadri di Tiziano, e se non ti faranno nessun effetto vuol dire che di pittura non ne capisci nulla e non sono certo io che posso farci qualcosa!”.
Renoir, Laguna Veneziana, 1881, Kreeger Museum, Washington.
Pissarro:
Camille Pisarro è nato il 10 luglio 1830 a presso le Isole Vergini. Figlio di un mercante, a 12 anni si recò a Parigi per studiare: l'atmosfera della città risvegliò il suo interesse per l'arte e, tornato a lavorare con il padre, eseguì schizzi dell'isola di St. Thomas. Nel 1852 si recò a Caracas in qualità di assistente del pittore danese Fritz Melbye, dipingendo paesaggi. Nel 1855 si trasferì a Parigi dove studiò presso la Scuola delle Belle Arti insieme a Camille Corot. Incontrò Monet e Cezanne e fece parte del movimento impressionista. Influenzato da Seurat e Signac, si avvicinò al puntinismo. Per una malattia alla vista dovette abbandonare la pittura all'aperto e concentrarsi su scene urbane. Si trasferì a Rouen ed in seguito tornò a Parigi dove morì nel 1903. Pisarro era il più anziano degli impressionisti e partecipò a tutte e otto le esposizioni. La sua opera dei tetti rossi di un piccolo villaggio, fu definita da Cezanne "umile e colossale". I colori sono stesi a tratti veloci e le sfumature variano dal marrone fino ad arrivare al rosso, passando per il verde. I piani si succedono parallelamente: l'impressione di profondità è data dalla dimensione decrescente delle figure e dalla sovrapposizione delle forme. Il dipinto è immerso in una totale luce diffusa, che attenua le ombre degli alberi del sottobosco: case, alberi, piante e cielo si compenetrano e creano la tipica atmosfera impressionista. La scena rappresenta un angolo di villaggio in un clima invernale, in cui ogni elemento della realtà è colto con sensibilità dall'artista. Gli spioventi dei tetti rossi sembrano disperdersi dietro gli alberi spogli, su tutta la superficie della tela. Le case, nascoste da una fitta trama di rami trasmettono un senso di pace, di tranquillità e di silenzio.
Pissarro, Tetti rossi, 1877, Museo d’Orsay, Parigi.
Articolo di Dario Romano. Per fonti e approfondimenti, il contenuto è tratto dal mio libro: L'arte dell'Ottocento: Romanticismo, Impressionismo, Post-Impressionismo, Preraffaelliti, Realismo .
Mi stai aiutando tantissimo con questo articolo!!!✌️
RispondiEliminaChe bel articolo 👍👍💪💪
RispondiEliminaGrazie per il prezioso commento ❗Grande Manet ❣️
RispondiEliminaGrandissimo
RispondiEliminaMeraviglioso Manet, ma Tiziano era Tiziano! 🌹
RispondiEliminaCapolavori assoluti
RispondiEliminaGrazie x aiutarci /mi.Spiegare x capire è importante
RispondiEliminaInteressante confronto .Grazie mille.
RispondiEliminaGrazie , bell'articolo.
RispondiEliminaGrazie!
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