Dario Romano: 5 dipinti enigmatici della storia dell'arte italiana

 

Leonardo da Vinci, la Gioconda, 1506, Louvre, Parigi.

L'Italia è stata la patria di molti capolavori artistici che hanno affascinato il mondo intero. Tra le opere più enigmatiche della storia dell'arte italiana, vi sono dipinti che continuano a sfidare l'interpretazione e a suscitare domande tra gli spettatori. In questo articolo, esploreremo cinque opere d'arte in particolare: "La Tempesta" di Giorgione, "Amor Sacro e Amor Profano" di Tiziano, "Sacra Allegoria" di Giovanni Bellini, "Ritratto di fanciullo con disegno" di Caroto e "La Gioconda" di Leonardo da Vinci. Questi dipinti, con la loro complessità e i loro simbolismi, hanno affascinato gli studiosi d'arte per secoli e continuano a incantare il pubblico moderno.

La Gioconda, Leonardo da Vinci:

Si tratta del dipinto più celebre del mondo intero, anche grazie al celebre furto del 1911 che ne ha aumentato in maniera impressionante la popolarità. L'opera è frutto di una lunga elaborazione da parte di Leonardo, che lo ritoccò più volte, portandolo sempre con sé, fino in Francia. Il quadro è tanto famoso quanto misterioso ed enigmatico: non si conosce con certezza il nome della donna e non si conosce nemmeno il motivo e il significato dello sguardo e del sorriso che appaiono mutevoli. Si tratta di un ritratto femminile su uno sfondo di un paesaggio. La donna ha dei lunghi capelli scuri e indossa un abito elegante, mentre la sua mano destra è sovrapposta a quella sinistra. La posizione di tre quarti della figura esprime naturalezza. Il busto, la testa e le braccia sono leggermente in posizione ruotata, infatti la figura sembra muoversi e sembra comunicare con lo spettatore. La sua espressione è a metà tra il lieto e il malinconico, Leonardo esprime così i “moti dell’animo”. Il paesaggio sullo sfondo appare puro, non contaminato dalla presenza dell’uomo. Quest'opera maestosa, nota anche come "Monna Lisa", ha affascinato generazioni di spettatori con il suo sorriso enigmatico e il suo sguardo penetrante. Realizzato intorno al 1503-1506, il dipinto ritrae una donna dal volto sereno e misterioso, identificata tradizionalmente come Lisa Gherardini, moglie di Francesco del Giocondo. Leonardo è riuscito a catturare in modo magistrale la sfumatura dei toni della pelle, i dettagli dei lineamenti e le sfumature dei colori, conferendo all'opera una qualità realistica e una sensazione di vita. Ciò che rende "La Gioconda" così enigmatica è il suo sorriso sfuggente. Il sorriso leggermente accennato della donna ha alimentato innumerevoli interpretazioni e discussioni. Alcuni ritengono che sia un sorriso di compiacimento o di malizia, mentre altri vedono in esso una traccia di tristezza o di segreti nascosti. Questa ambiguità emotiva ha reso il sorriso della Gioconda un'icona universale del mistero e dell'espressione umana. Inoltre, il dipinto presenta numerosi elementi simbolici che aggiungono ulteriore profondità e mistero alla sua interpretazione. Ad esempio, il paesaggio sfumato sullo sfondo e il fiume serpeggiante possono rappresentare la connessione tra l'uomo e la natura, mentre la presenza di una strada o di un ponte in lontananza potrebbe simboleggiare la transitorietà della vita umana. La sua fama è cresciuta ancora di più dopo il furto dell'opera nel 1911, che ha generato una copertura mediatica senza precedenti e ha portato alla sua elevazione a simbolo dell'arte e della cultura italiana. Leonardo ha utilizzato la tecnica dello sfumato, che consiste nell'applicare strati sottili di vernice per creare una transizione graduale tra i toni e le forme. Questo conferisce all'opera una profondità e una sensazione di morbidezza uniche, in maniera molto simile al tonalismo di Giorgione. Oltre al suo enigma emotivo, la Gioconda di Leonardo è oggetto di numerosi studi e teorie riguardo alla sua composizione e al suo significato. Gli studiosi hanno esaminato dettagliatamente l'opera, cercando di scoprire i segreti nascosti dietro il suo sorriso e la sua presenza enigmatica. Una delle teorie più discusse riguarda l'identità della donna ritratta. Mentre la tradizione identifica la figura come Lisa Gherardini, moglie di Francesco del Giocondo, alcuni ricercatori hanno avanzato ipotesi alternative. Alcuni suggeriscono che la Gioconda potrebbe essere un autoritratto velato di Leonardo stesso, mentre altri ritengono che possa rappresentare una figura allegorica o addirittura una fusione di più volti femminili. La verità sull'identità della donna rimane ancora avvolta nel mistero. La Gioconda ha anche ispirato numerosi artisti, scrittori e pensatori nel corso dei secoli. Il suo enigmatico sorriso e la sua presenza magnetica hanno reso l'opera un soggetto ricorrente nelle opere d'arte, nelle opere letterarie e nelle discussioni filosofiche. Il dipinto è diventato un simbolo dell'arte rinascimentale e della capacità dell'arte di catturare l'essenza umana in modo enigmatico ed eterno. Osservando la Gioconda noi vediamo una donna che ci osserva e che si compiace di un'esistenza completa.

La Tempesta, Giorgione:

Giorgione, La Tempesta, 1503, Gallerie dell'Accademia, Venezia.

Si tratta del capolavoro più celebre di Giorgione, artista enigmatico e magico, autore del dipinto più affascinante, misterioso ed enigmatico che la storia dell'arte universale abbia mai prodotto. E' un’opera realizzata senza un disegno preparatorio, ma dipinta direttamente tramite pennellate di colori. Giorgione diede forma alle figure tramite velature successive di colori ad olio. La profondità prospettica è data tramite lo straordinario uso dei colori più freddi sullo sfondo, con variazioni di tonalità. La tematica dell’opera rimane misteriosa ed enigmatica, molti pensano che sia un dipinto religioso, altri pensano che sia mitologico. Tra le varie interpretazioni religiose, si pensa che sia il ritrovamento di Mosè, mentre tra quelle mitologiche dovrebbe rappresentare Giove e Io, o ancora, altre interpretazioni sostengono che si tratti di un’opera allegorica raffigurante Fortuna, Fortezza e Carità. Edgar Wind sostenne che la donna del dipinto rappresentasse la Carità, per via del suo allattamento. In epoca romana infatti, la Carità veniva raffigurata tramite la donna allattante. Sempre secondo lui, l’uomo sarebbe un soldato rappresentante la Forza, dunque nel dipinto Forza e Carità dovrebbero riuscire a convivere con i rovesci della natura, dati dalla tempesta dei fulmini. Maurizio Calvesi si rifece alle teorie neoplatoniche per dare un senso al dipinto, affermando un’unione tra cielo e terra. Salvatore Settis sostenne che il dipinto raffiguri la cacciata di Adamo ed Eva dal Paradiso, dove il fulmine rappresenta la spada fiammeggiante dell’angelo.  Da questa teoria la Tempesta sarebbe un’opera allegorica, esprimendo la condizione umana del peccato, dinanzi alla dottrina cristiana. Emiliano Morenghi, colloca il personaggio raffigurato con la figura di Massimiliano I d’Asburgo mentre osserva la Sibilla Tiburtina mentre allatta il futuro imperatore Carlo V. Sergio Alcamo diede una teoria più completa nei dettagli, per dare un senso all’opera. In primis abbracciò l’idea della Cacciata dal Paradiso di Salvatore Settis, notando per la prima volta nel dipinto, dei nuovi dettagli: l’asta su cui poggia il probabile Adamo dovrebbe essere il “Bastone di Adamo”, rappresentato il legno, che in base ad alcune leggende del medioevo, deriva dall’albero della conoscenza del bene e del male, e che sarebbe diventato il legno della croce di Gesù; il bambino allattante dovrebbe essere Seth, ovvero un personaggio fondamentale nel ruolo della croce di Gesù; le due colonne in pietra del dipinto dovrebbero essere le Colonne dei figli di Seth; vi è inoltre secondo Alcamo, la presenza di un piccolo angelo sul ponte in legno, mimetizzato tra la vegetazione del paesaggio e che secondo la teoria, Seth si recò da lui a chiedere l’olio misericordioso per il genitore in fin di vita e l’angelo gli rispose: “ non vi sono che tenebre e tempesta” e ciò spiegherebbe la tempesta di fulmini del dipinto. Accanto a queste interpretazioni si affiancano altre teorie, e altre ancora sono in esaminazione, facendo dell’opera la più enigmatica e affascinante della storia dell’arte universale. Aldilà delle varie interpretazioni, l’opera stupisce per la straordinaria composizione tecnica. Giorgione ha rappresentato la bellezza e la grandiosità della natura, dove l’uomo e la donna non sono i protagonisti dell’opera. Essi attendono la pioggia, annunciata dal lampo e dal fulmine, come un evento benefico, di rigenerazione. Si tratta di una delle espressioni più magistrali della pittura tonale Veneta, nonché il capolavoro apripista di tale tecnica pittorica. Lo scenario è composto dalla presenza di un fiume nei pressi di una città Rinascimentale, dove i colori freddi dello sfondo evidenziano straordinariamente il paesaggio e il temporale. Questo straordinario capolavoro è noto per essere il primo paesaggio della storia dell’arte universale. Da questo dipinto in poi, il paesaggio occupò una posizione pregiata nella storia dell’arte universale, posizione culminata con Tiziano e sfociata fino all’Impressionismo. La Tempesta indicata come un quadro in cui ci sono un uomo e una donna in un paesaggio, è più moderno ancora della Gioconda, quest’ultima rappresenta il punto d’arrivo del creato, della creatura più compiuta che sorride nel compiacimento di esistere, mentre nella Tempesta ciò che vediamo è subalterno rispetto al nome che assume il dipinto, che è un dipinto Proto-Impressionistico: c’è un lampo del cielo, un evento naturale che non sappiamo se sia un segnale dal cielo, ma siamo certi che sia un segnale del cielo, non è un segnale di Dio che caccia le figure come se fossero Adamo ed Eva, non sappiamo chi siano, non abbiamo certezze, ma sappiamo che questo è un idillio di Giorgione, ovvero una pittura in cui la pittura prevale sull’uomo, proprio per questo è il primo quadro moderno della storia dell’arte: qui l’uomo non domina la natura, ma vi è lo stesso idillio che troveremo in un letterato come Leopardi. I protagonisti sono la natura, le piante, le rovine, le architetture, il lampo, entro il cui stanno un uomo ed una donna rappresentati in maniera ridotta. Questa riduzione delle figure fa prevalere la natura che è dominante, e gli esseri umani sono solamente elementi della natura. Dunque potremmo dire che questo quadro ha un significato filosofico, anche se si trattasse di Adamo ed Eva poiché sono rappresentati come esseri umani fragili che stanno nella natura e nessuno vigila su di loro, patendo la minaccia di quella tempesta che li rende esposti al pericolo, in una condizione di disagio. Ciò che interessa a Giorgione è cogliere quel lampo nel cielo, tanto da aver dato il nome al dipinto, più evocativo possibile: la Tempesta; pensiamo anche a questo, è un titolo inusuale a quel tempo, è un titolo che potrebbe essere di Monet o di Manet, un titolo moderno che rappresenta un qualcosa che non abbia un significato religioso, mitologico o civile, ma solamente l’evento naturale. Questa tempesta non è una tempesta interiore, perché i personaggi non la comunicano, non la esprimono, ma è una tempesta della natura, è la tempesta metereologica e qualunque significato si voglia aggiungere a questo dipinto è destinato alla sconfitta, non dobbiamo interpretare perché tanto basta ciò che vediamo, il dipinto ci appaga anche se non sappiamo cosa voglia significare, e qualunque interpretazione non aggiunge niente a quella emozione di quella immediatezza nell’osservarla e sentirci parte di quella bellissima natura. Ecco allora la modernità, il primo quadro moderno senza riferimenti allegorici, mitologici o religiosi, un quadro Impressionista, un dipinto per la sfera privata, per una committenza privata e la grandezza di Giorgione sta nel fatto di aver fatto pochi dipinti, per pochi privati e perché non se ne conoscesse altro che la leggenda di quel quadro, e chi arriva a vederlo ha la suprema meraviglia di vedere un’opera che non è legata a nulla che non sia l’impressione, dunque è il primo quadro moderno, il primo quadro impressionista.

L'Amor Sacro e l'Amor Profano, Tiziano

Tiziano, Amor Sacro e Amor Profano, 1515, Galleria Borghese, Roma.

Il dipinto è uno dei più celebri dell’artista ed è considerato un capolavoro assoluto della storia dell’arte universale, sia per qualità pittorica, che per i numerosi simbolismi e interpretazioni che la caratterizzano. Lo scenario è quello delle campagne venete, dove il sarcofago al centro divide il dipinto in due parti. Un’altra separazione è data dalle fronde scure alle spalle del putto. Se a destra vi sono un gregge di pecore e una chiesa, simbolo di religione, a sinistra notiamo un castello e due conigli, simbolo dell’amore e della fertilità. Il dipinto è dominato da due donne, sedute al bordo della fonte. Le due figure si contrappongono: una è nuda, l’altra vestita. Quest’ultima incarna l’ideale di bellezza Cinquecentesca, si tratta di una donna dalle forme morbide e prosperose che rappresenta l’ideale di sposa, l’amor profano appunto. La donna nuda invece rivolge lo sguardo all’altra ragazza; la presenza al centro del cupido ci suggerisce che si tratti di Venere che rappresenta l’amor sacro. Lo stemma della vasca sulla quale il putto mescola le acque con il braccio, riguarda Nicolò Aurelio, segretario del Consiglio dei dieci della Repubblica di Venezia, che diventò gran cancelliere di Venezia e che è il probabile committente dell’opera. Il dipinto, di cui non si conosce il titolo originale, fu continuamente studiato e analizzato, e venne titolato così dai curatori della Galleria Borghese, solamente nel 1792, dunque due secoli dopo la sua realizzazione. L’antitesi delle due donne riguarda anche l’alba dello scenario di sinistra e il tramonto di quello di destra, dalla presenza di una città sullo scenario sinistra, a quella di una campagna sullo scenario di destra. Dunque vi sono una serie di contrapposizioni: donna nuda-vestita,
alba-tramonto, città- campagna, amor sacro-amor profano, castello-chiesa. Il percorso in salita del cavaliere sulla sinistra è una metafora di arrivo alla virtù, che si conquista dopo un percorso di fatiche e rinunce. La corona di mirto della giovane vestita simboleggia invece l’amore coniugale, così come i suoi guanti. L’opera è celebre anche per le innumerevoli interpretazioni che le si attribuiscono. Tra le tanti, si dice che il dipinto sia un’esaltazione del tema nuziale e alla celebrazione dell’amore. Le due giovani simboleggiano le due facce del matrimonio: quello della sessualità nel privato e quello pudico nel pubblico. Questi due
aspetti del matrimonio sarebbero legati in modo armonioso come le acque mescolate dal puttino. Un’altra interpretazione è data dalla presenza della vasca d’acqua con il putto che immerge il braccio nella vasca, che nell’alchimia simboleggia la dissoluzione e purificazione dell’oro e dell’argento. Secondo questa teoria il puttino alato simboleggerebbe la sublimazione, cioè l’ascensione di un principio volatile. Il movimento lento del braccio dell’angioletto che mescola l’acqua, rimanda al concetto di circolazione, che consiste nel far circolare i liquidi in un vaso chiuso per effetto di un calore lento. La vasca di marmo, simboleggerebbe una fontana che nell’alchimia rimanda al principio dell’unione del sale. Sempre in alchimia, un essere nudo rappresenta l’oro puro, uno vestito è simbolo della sua trasformazione e della sua purificazione, in questo caso ciò si evince dalle due donne. La corona indossata dalla giovane vestita simboleggerebbe infatti la regalità chimica, ovvero la perfezione metallica. Un’altra interpretazione di questa straordinaria opera è data dalla presenza della Venere Celeste, che sarebbe quella nuda e dalla Venere Terrena, che sarebbe quella vestita. La Venere Celeste è l’immagine della bellezza universale e spirituale, ritratta mentre solleva un acceso braciere, che simboleggia l’illuminazione spirituale. Si tratta di una donna nuda, pura, che simboleggia l’ideale classico di bellezza e che ha come sfondo un paesaggio aperto e illuminato. La donna vestita al contrario, simboleggia la Venere Terrena, forza trainante del moto della natura, posta su uno scenario ombroso e chiuso e che incarna la passione dell’amore carnale. Aldilà delle interpretazioni si può affermare che l’opera sia un inno all’amore e alle nozze. La straordinaria qualità pittorica di Tiziano si discosta dal tonalismo di Giorgione, nella monumentale plasticità delle figure. L’uso brillante del colore, rende il clima sereno e misurato. Tiziano usa il colore per rappresentare impeccabilmente ogni dettaglio, che appare preciso. Si tratta di un classicismo cromatico dove i colori sono saturi, come si nota nel rosso del mantello della donna nuda. I chiaroscuri appaiono contrastati e solidi, come si evince dalle pieghe dell’abito e nel bassorilievo del sarcofago. La geometria dello spazio è data dal sarcofago, la sua monumentalità rappresenta il punto di connessione delle figure, dando l’effetto di un gruppo scultoreo. L’opera inoltre è nota per la fama che la contraddistingue: i Banchieri Rotschild nel 1899 tentarono di acquistarla per un importo di 4.000.000 di lire, più rispetto al valore dell’intera Villa Borghese che era di 3.600.000: questo dimostra di cos'era ancora Tiziano al ridosso del '900, egli era ancora il Re dei pittori, l'artista più importante ed influente della storia, valutato il doppio rispetto ad altri artisti della Galleria come Raffaello e di un centinaio in più rispetto a Caravaggio. L’opera è anche nota per essere apparsa sulle banconote da 20.000 lire italiane. Per le innumerevoli simbologie, interpretazioni, per la magnificenza bellezza ideale contrapposta a quella passionale e per l’eccellenza qualità pittorica impiegata da Tiziano, l’opera è considerata uno dei più grandi capolavori della storia dell’arte universale, nonché una delle più celebri ed enigmatiche opere del genio di Tiziano Vecellio. Il dipinto è uno dei più studiati dell’intera storia dell’arte, infatti personalità come Argan e De Logu hanno dedicato ad essa interi saggi.

Sacra Conversazione, Giovanni Bellini:

Giovanni Bellini, Allegoria Sacra, 1490-1500, Uffizi, Firenze.

Quest’opera è tra le più misteriose del Rinascimento, a causa della difficile interpretazione del soggetto. Ciò che si nota è l’uso straordinario del colore e della luce che arricchisce il paesaggio e le figure, senza il bisogno di dover ricorrere al disegno. Le linee di contorno infatti scompaiono, in favore di corpi e figure fatti unicamente di luci e colori, prerogativa della pittura veneta che batte quella toscana, primeggiando in tutta Europa. L’Allegoria Sacra è una documentazione inedita di un soggetto religioso, peraltro molto frequente nell’opera del Bellini. Dunque ciò che ci stupisce è la composizione misteriosa: vediamo un’apertura su un paesaggio di una loggia, uno spazio aulico, con un pavimento marmoreo policromo e una balaustra che separa questo luogo spirituale rispetto alla natura, ma che è nella natura. Se nelle pale d’altare delle Sacre Conversazioni, Bellini rappresenta tutto armonicamente, tutto in ordine e tutto in posa, qui appare tutto misterioso come una ricreazione. Le persone, le stesse che erano in posa nelle pale d’altare rappresentate, qui sono libere di muoversi, non devono più posare per il quadro ufficiale, ma sono rappresentate in un momento di disimpegno, dove il san Pietro e il san Paolo si trovano aldilà della balaustra, di questo spazio aulico religioso-naturalistico, sembra quasi che per un attimo stanno facendo una pausa, quasi fumando una sigaretta, per un attimo hanno sembrano sospendere il loro ruolo sacro, così anche il giovane e il vecchio ignudi, che testimoniano una bellezza efebica l’uno, e il tempo che logora il corpo l’altro, dove vi è una contrapposizione tra San Sebastiano e San Gerolamo. Tutti i personaggi sembrano chiacchierare tra loro in modo umano, non vi è più una Sacra Conversazione, i putti che nelle pale d’altare stanno in ordine attorno al trono, qui stanno giocando attorno ad un albero. Anche santa Caterina e la Madonna sono avvolte da questo ruolo di pausa. Tutti gli elementi della Sacra Conversazione sono qui presenti ma disposti in modo diverso, in questa piazza prospettica, in questa lastra che sembra quasi una sala da ballo che con i suoi intarsi marmorei definisce il campo prospettico. Sullo sfondo vi è la grande natura creata da Dio che è la vera protagonista del dipinto, una natura pura, una natura libera, come se la parte religiosa è evidenziata fuori dalla zona del loggiato. Il gruppo di persone rappresentato crea un contrasto tra civiltà e natura, fra architettura e il puro idillio di natura. In questo senso il quadro è molto complesso sul piano dei significati, ma al contempo molto semplice su quello dell’interpretazione. È chiaro che una testimonianza così originale rimane un unicum nella pittura, elaborata da un genio straordinario della pittura che ci fa vedere il mondo da un punto di vista diverso: gli stessi personaggi, se nelle pale d’altare hanno una funzione precisa che è quella religiosa, in una dimensione di ordine e armonia, qui hanno una funzione più umana, in una dimensione quotidiana e di disordine. Il pittore intende far sentire il respiro della natura e anticipa le ricerche che saranno tutte volte alla natura come protagonista, di Giorgione, suo allievo. Per cui se c’è un testo da cui Giorgione parte è questo: libero spazio della natura, una natura che respira con l’anima dei personaggi religiosi.

Fanciullo con disegno, Giovan Francesco Caroto:
Giovan Francesco Caroto, Fanciullo con disegno, 1523, Museo di Castelvecchio, Verona.

Opera più celebre del pittore, per la sua originalità costituisce un unicum dell’epoca: in quest’epoca era raro rappresentare un fanciullo come protagonista autonomo di una tela, inoltre la tela risulta molto moderna, come fosse di oggi, rispetto a quel tempo, e tale idea moderna sta nell’aver rappresentato nelle mani del fanciullo, un disegno, che contribuisce a rendere l’opera ancora più originale e unica. Ma cosa vuole dire esattamente quel disegno tra le mani del fanciullo? Come risolviamo questo enigma? Gli elementi stilistici di spicco di questo dipinto sono il virtuosismo, l’astrazione formale e la sperimentazione da parte del Caroto. Il bambino sembra mostrare all'osservatore il suo stesso autoritratto, appena disegnato. Caroto, attraverso questo dipinto, riconosceva il valore dell'educazione e dell'arte nella crescita e formazione dei bambini. Il gesto del fanciullo che disegna suggerisce l'importanza di coltivare la creatività e l'espressione artistica fin da giovani età. Inoltre, la scelta di raffigurare un bambino in questa opera può essere vista anche come un omaggio alla natura pura e innocente dell'infanzia. Caroto coglie l'essenza gioiosa e curiosa del fanciullo mentre si compiace all'atto creativo, evocando un'atmosfera intima e affettuosa che cattura il cuore dello spettatore. La resa realistica del dipinto è tipica dello stile di Caroto, con una scrupolosa attenzione ai particolari delle vesti del bambino e alla resa delle ombre e delle luci. La tavolozza di colori vivaci aggiunge vitalità all'opera, rendendo il dipinto un'ode alla gioventù e alla freschezza dell'infanzia. Inoltre, questo dipinto testimonia anche l'importanza dell'arte come mezzo di comunicazione e di espressione sin dalla tenera età. Essa può essere una forma di scoperta e di sviluppo personale per i bambini, permettendo loro di esprimere i propri sentimenti e di esplorare il mondo intorno a loro. C'è un interessante aneddoto curioso, secondo il quale il fanciullo del dipinto potrebbe essere affetto da una malattia: Il pediatra britannico Harry Angelman, visitando il Museo di Castelvecchio, si trovò di fronte alla tela di Giovanni Francesco Caroto, riscontrando nel ritratto del fanciullo varie somiglianze con alcuni ragazzi che ridevano moltissimo ed avevano movimenti a scatti degli arti e del tronco. Decise dunque a descrivere in letteratura medica i propri studi compiuti su tre ragazzi con il saggio "Puppet Children" (letteralmente “ragazzi burattino”), pubblicato nel 1965. Solo dopo molti anni di ricerche si scoprì che nel mondo esistevano parecchi di questi pazienti, affetti da quella che venne da allora chiamata sindrome di Angelman. Inoltre il dipinto è uno dei capolavori rubati nel grande furto del Castelvecchio del 2015, e fu recuperato a maggio 2016. 


Commenti

  1. La storia dell'arte italiana è ancora più affascinante quando è raccontata da te. Grazie per la descrizione di questi 5 bellissimi dipinti.

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  2. Analisi perfette come sempre! Bravissimo e grazie!

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  3. Interessantissimo e bellissimi dipinti, grazie.

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  4. Ottime spiegazioni, bravissimo. La Tempesta del Giorgione è un incanto fiabesco dal vivo.

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  5. Ho avuto la fortuna e l'onore di averli visti tutti e 5 e spiegati da te li apprezzo e li ammiro ancora di più! ❤️

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  6. Dal vivo l'amor sacro e l'amor profano ti lascia senza fiato, è l'ennesimo miracolo artistico di Tiziano❤️

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  7. 5 dipinti magici, tutto l'articolo è magia, un piacere per la lettura e per un arricchimento personale della cultura, grazie mille!

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