Dario Romano: L'architettura barocca a Roma con Bernini, Borromini e Pietro da Cortona

Gian Lorenzo Bernini, Baldacchino, Basilica di San Pietro, Vaticano, 1633.

Bernini

Gian Lorenzo Bernini nacque a Napoli nel 1598, ma già da bambino si trasferì con la famiglia a Roma. Si formò presso il padre Pietro, studiando i grandi maestri classici e del ‘500. Bernini primeggiò in scultura, architettura, scenografia teatrale, ed è stato conteso da papi e da aristocratici. Ha saputo unire diversi linguaggi artistici realizzando opere sorprendenti, sia dal punto di vista tecnico sia da quello emotivo. Bernini fu l’artista più rappresentativo del Barocco e la sua opera influenzò lo stile dell’Europa di quel tempo. L’artista morì a Roma nel 1680 dopo aver realizzato tanti capolavori in scultura e in architettura. Nel 1629 venne nominato architetto per la Basilica di San Pietro dove realizzò il celebre Baldacchino: definì i sostegni del Baldacchino con quattro colonne tortili le quali, pur non essendo una novità assoluta nel panorama architettonico romano, si differenziavano nettamente dal disegno dei pilastri della basilica vaticana, facendo del ciborio il punto focale dell'intera costruzione. La novità principale sta comunque nel coronamento, alla cui definizione è documentato anche l'apporto del Borromini, con quel leggero groviglio di volute che, a buon diritto, può considerarsi il manifesto dell'architettura barocca. Bernini disegnò anche la Piazza di San Pietro per volontà di papa Alessandro VII. L’artista eseguì una doppia piazza: la prima trapezoidale funge da grandioso sagrato e ospita la gradinata di accesso; la seconda è di forma ovale e consente al fedele di collocarsi alla giusta distanza per ammirare il complesso architettonico religioso interamente, valorizzando la cupola. Dal punto di vista geometrico la piazza ovale ha due fuochi, che Bernini indica a terra con due dischi di marmo che simboleggiano l’abbraccio della Chiesa ai fedeli. Entrando nella piazza si ha la sensazione di essere proiettati in uno spazio che muta continuamente la sua forma. Inoltre nella piazza ovale vi sono poste due fontane in maniera simmetrica e tra di loro, al centro, vi è posto un obelisco egizio antico. Lungo il perimetro si estende il colonnato a quattro file composto da 284 colonne di ordine tuscanico e 88 pilastri enormi, mentre al di sopra dell’architrave vi è posta una balaustra con 96 statue.
Bernini, Piazza San Pietro vista dalla Cupola della Basilica, Città del Vaticano.

Bernini, Piazza San Pietro con l’omonima Basilica sullo sfondo, Città del Vaticano.
Un’altra prestigiosa opera architettonica del Bernini fu la Cappella Cornaro, dove decorazione pittorica, scultura e architettura si integrano in una rappresentazione teatrale di grande spettacolarità. La cappella fu commissionata dal nobile cardinale veneziano Federico Cornaro e fu realizzata tra il 1645 e il 1652. Il punto focale della cappella è rappresentato dalla nicchia sopra l’altare, delimitata da colonne e timpano, dove è proposta l’Estasi di Santa Teresa: lo spazio è illuminato direttamente dalla luce naturale proveniente dall’alto, grazie a una finestra nascosta dietro il frontone dell’edicola e indirizzata sul gruppo marmoreo. Una delle cifre per intendere l'arte barocca è, come noto, il gusto per la "teatralità": la rappresentazione spettacolare e talvolta anche enfatica degli eventi. In quest'opera Bernini, mettendo a frutto la sua esperienza diretta di organizzatore di spettacoli teatrali, trasforma, in senso non metaforico ma letterale, lo spazio della cappella in teatro. Per far ciò egli amplia innanzitutto la profondità del transetto; poi, aprendo sulla parete di fondo una finestra con i vetri gialli, pensata per rimanere nascosta dal timpano dell'altare, si procura una fonte di luce che agisce dall'alto, come un riflettore e che conferisce un senso realistico alla irruzione sulla scena di un fascio di raggi in bronzo dorato, così la luce che scende sul gruppo, attraverso i raggi, sembra momentanea, transitoria e instabile in modo da rafforzare la sensazione di provvisorietà dell'evento. Si può facilmente immaginare quanto tale effetto, nella penombra della chiesa, dovesse apparire a quel tempo suggestivo.
Bernini, Cappella Cornaro, 1645-1652, Chiesa di Santa Maria della Vittoria, Roma.

Sant’Andrea al Quirinale rappresenta invece la prima chiesa realizzata dal Bernini. Si tratta di una piccola chiesa voluta dal papa Alessandro VII: la facciata è semplice, a un solo ordine con paraste corinzie sormontate da timpano triangolare e da un’ampia finestra semicircolare, parzialmente nascosta dal protiro. L’ingresso presenta una gradinata semicircolare e protiro sorretto da due colonne ioniche. L’interno della Chiesa è a pianta ellittica, con asse trasversale maggiore di quello longitudinale. Il motivo curvilineo è ripetitivo negli elementi ornamentali della facciata e delle cappelle. Inoltre l’interno si presenta scandito da piccole cappellette ovali e quadrangolari, articolate intorno a quella di sant’Andrea, con la scena del martirio del santo, sormontata dalla statua dello stesso e illuminata da una fonte non immediatamente percepibile dallo spettatore.
Bernini chiesa di Sant'Andrea al Quirinale.

Bernini, interno di Sant'Andrea al Quirinale.
Nelle sue realizzazioni Bernini rilevava le masse, studiandole in modo che avessero un'armonia visiva e strutturale, giocava con la prospettiva e il colore, impiegava la forza plastica del chiaroscuro e fondeva armoniosamente le strutture e le membrature delle sue creazioni; non mancava, inoltre, di dare un effetto teatrale e scenografico a tutto l'insieme, fondendo in un'unica spazialità il rigore fisico dell'architettura con la preziosità pittorica, il virtuosismo delle sculture e la sbrigliata fantasia dello scenografo, quale Bernini era. Bernini applicò la propria concezione dell'architettura in molte sue creazioni. Escludendo il baldacchino di San Pietro, opera più scultorea che architettonica, già nel palazzo di Propaganda Fide diede prova del suo gusto per un'architettura concepita plasticamente per masse e fortemente chiaroscurale. Il palazzo Barberini, invece, denota un più deciso orientamento verso la classicità, tanto che qui Bernini riprese la scansione in tre ordini di arcate del Colosseo e del teatro di Marcello, aggiungendovi gli artifici prospettici delle finestre della loggia suprema. Giunto dopo i cinquant'anni a una piena maturità architettonica, Bernini si attenne sempre più volentieri agli schemi classici puri, pur interpretandoli con una certa libertà. Nel palazzo di Montecitorio, per esempio, ruppe la monotona orizzontalità e compattezza di quella fronte scandendola in cinque campate, con reminiscenze classiche avvertibili anche nell'alto zoccolo.
Bernini, Palazzo Barberini, Roma, 1633.

Bernini, Palazzo Montecitorio, Roma.

Borromini

Francesco Borromini nacque nel 1599 presso il Canton Ticino. Si formò artisticamente a Milano presso la fabbrica del Duomo. A 20 anni si recò a Roma dove lavorò per Carlo Maderno, ma tuttavia il suo successo venne inizialmente ostacolato dalla grande affermazione che coinvolgeva il Bernini. Così la prima opera architettonica del Borromini ebbe vita solo nel 1634, con il progetto di San Carlo alle Quattro Fontane. Da li in poi seguirono altre commissioni prestigiose, incorniciate dal carattere scontroso e inquieto dell’artista che non smise di sperimentare nuove soluzioni compositive. Le sue architetture sono caratterizzate da rientranze delle superfici, articolate in improvvise sporgenze, che appaiono poco stabili e sospese, ma allo stesso tempo vibranti, grazie agli effetti studiati della luce. L’artista morì suicida a Roma nel 1667. È nella chiesa di San Carlo alle Quattro Fontane del Borromini che il tema degli spazi ricavati nel perimetro dell'edificio raggiunge il suo apice. Questa chiesa, così piccola che potrebbe stare all'interno di un pilastro della basilica vaticana, fu cominciata nel 1638 in un lotto di ristrette dimensioni dove, oltre al luogo di culto vero e proprio, si inserivano anche il chiostro e l'attiguo convento. 
La pianta di San Carlino è riconducibile all'ovale, con pareti concave e convesse che si alternano fino a formare delle cappelle laterali. La cupola presenta una base ovale ed è incisa da un profondo cassettonato nel quale si alternano forme diverse; il raccordo tra la cupola e il corpo dell'edificio è realizzato per mezzo di quattro pennacchi che poggiano sulla trabeazione. Il movimento ondulatorio dei muri e il ritmico alternarsi a forme sporgenti e rientranti danno luogo a un palpitante organismo plastico, la cui forma viene sottolineata dall'assenza di sontuose decorazioni. Nella facciata, iniziata solo negli ultimi anni di vita del Borromini, si evidenzia ancora la ricerca di un intenso dinamismo, con superfici sinuose disposte su due ordini: la parte inferiore è caratterizzata da una successione di superfici concava - convessa - concava; quella superiore si articola su tre parti concave, di cui la centrale ospita un'edicola convessa. L’interno della chiesa si presenta bianchissimo e senza particolari decorazioni. Al contrario è punteggiato di stucchi ed elementi simbolici raggruppati a gruppi di 3: nicchie, valve di conchiglie e croci trinitarie, tutti elementi che si riferiscono ai committenti. L’interno è dotato di una serie di nicchie che sono raccordate da colonne corinzie che seguono la parete e sorreggono la trabeazione continua. La cupola della chiesa ha una forma ovale, precisamente di un’ellisse che ricorda l’Arena di Verona. La superfice della cupola è scavata da forme geometriche come l’ottagono, l’esagono e la croce, che diminuiscono progressivamente verso il centro, producendo un effetto di attrazione verso l’alto. Questo effetto sembra un leggero ricamo traforato esaltato dalla luce mediante le aperture in alto. Borromini scelse la forma di un’ellisse perché questa non ha un centro al contrario della circonferenza, ma due fuochi e ciò porta lo sguardo a muoversi continuamente, creando quella sensazione di movimento tipica dei canoni del Barocco. Il movimento caratterizza anche la visuale della facciata che si ammira obbligatoriamente dal basso verso l’alto accentuando l’effetto di movimento della chiesa e la sua maestosità verso l’alto. Il movimento è percepito anche dalle forme concave e convesse. 
Borromini, Chiesa di San Carlo alle Quattro Fontane, Roma, 1644-1680.

Borromini, interno della Chiesa di San Carlo alle Quattro Fontane con la cupola, Roma, 1645-1680.

Borromini fu impegnato in diversi cantieri di Roma: realizzò l'Oratorio dei Filippini (la cui facciata, ricca di concavità e convessità, è una felice fusione tra un palazzo e una chiesa), la chiesa di Santa Maria dei Sette Dolori (incompleta) e, a partire dal 1642 iniziò quello che può essere considerato il suo capolavoro: la chiesa di Sant'Ivo alla Sapienza. Direttamente collegata a San Carlo alle Quattro Fontane, la chiesa della Sapienza fu posta a chiusura di un cortile preesistente progettato dal Della Porta. La pianta, generata essenzialmente dall'intersezione di due triangoli equilateri contrapposti, è coronata in alzato da una cupola con una lanterna conclusa a spirale; l'impianto di Sant'Ivo, ancora una volta plasmato attraverso l'uso di concavità e convessità, è uno dei più unitari della storia dell'architettura, anche se, proprio per la sua audacia, non trovò analoghe applicazioni nelle opere dei contemporanei. Per questa chiesa Borromini creò una lanterna a movimento a spirale, che guida lo sguardo di chi la osserva: qui una sfera in bronzo è sorretta da una gabbia metallica, ma sembra sospesa. La facciata della chiesa è concava ed è sormontata da un tamburo convesso che regge la cupola. L’interno si caratterizza per una pianta a forma di stella, data dall’intersezione di due triangoli equilateri. È sormontata da una cupola di identica forma e dimensione: entrando nella chiesa si crea un effetto di essere trascinati verso l’alto. La piccola costruzione che conclude la cupola è la lanterna che consente l’illuminazione dall’alto.
Chiesa di Sant'Ivo alla sapienza, la cupola all’interno.
Borromini, chiesa di sant’Ivo della Sapienza, Roma 1662.

Borromini dimostrò le sue abilità anche nei palazzi civili: suo è l'effetto di Trompe-l'œil nella galleria prospettica di palazzo Spada (1652-1653), che suggerisce una profondità diversa da quella reale. In quest’architettura Borromini applica la tecnica della prospettiva accelerata, che finge uno spazio molto più profondo di quello reale. La galleria ci appare profonda come se fosse di 35 metri, mentre in realtà è lunga solamente 8,6 metri, stringendosi progressivamente verso il fondo, così come i riquadri del pavimento che via via diventano sempre più piccoli. La distanza delle colonne diminuisce verso il fondo e al termine del percorso è collocata una statua che vista dall’ingresso della galleria sembra avere l’altezza di un uomo ma in realtà misura solamente 60 centimetri. Il pavimento si alza e il soffitto si abbassa progressivamente, di conseguenza anche le colonne hanno via via una dimensione ridotta.
Galleria prospettica di Palazzo Spada, Borromini, Roma.

Pietro da Cortona

Assieme a Borromini e Bernini, l’altro grande architetto della Roma barocca fu Pietro da Cortona. Questo architetto inseriva le sue composizioni entro cornici di stucco e oro con ghirlande e cartocci, creando un nuovo stile decorativo che da Roma si espanse in tutta Europa. Lo stile di Pietro da Cortona emerge con maggior vigore nella sistemazione della chiesa di Santa Maria della Pace, dove, tra il 1656 ed il 1657, fu impegnato nella costruzione di un nuovo prospetto. L'intervento non si limitò alla sola facciata dell'edificio religioso, ma si estese anche ai fabbricati laterali, con la realizzazione di una scenografica piazzetta dominata al centro dal colonnato a pianta semicircolare della chiesa; peraltro, la soluzione dell'esedra in facciata influenzò profondamente il Bernini nella concezione della citata Sant'Andrea al Quirinale e, nella scelta dell'ordine dorico con trabeazione ionica, anticipò la soluzione adottata dallo stesso Bernini per i colonnati di piazza San Pietro. 
 La Chiesa dei Santi Luca e Martina presenta una facciata con un notevole slancio verticale: la zona centrale appare convessa e chiusa fra semicolonne e pilastri binati. La chiesa è posta su un alto basamento ed è articolata su due ordini a loro volta divisi da un cornicione aggettante e coronata da un altro cornicione. La pianta è a croce greca ed ha tre absidi semicircolari. Il braccio longitudinale è più lungo per dilatare lo spazio longitudinale in profondità. L’interno è mosso: l’articolazione delle pareti, con colonne ioniche binate, e la ricca decorazione sono esaltate dagli effetti di luce. Sul pavimento si può notare la lastra tombale di Pietro da Cortona.
Pietro da Cortona, Chiesa di Santa Maria della Pace, Roma.

Pietro da Cortona, Chiesa dei Santi Martina e Luca, Roma, 1664.


Articolo di Dario Romano di Arte Divulgata. Per fonti e approfondimenti, il contenuto è tratto dal mio libro L'architettura del Barocco e del Rococò.

































 

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