Dario Romano: Il mito di Danae in 6 dipinti

 

Tiziano Vecellio, Danae, Museo del Prado, Madrid, 129x180cm, 1553, olio su tela.

Il mito di Danae è uno dei più celebrati e raccontati nel mondo della storia dell'arte. Il racconto parla di Danae, figlia di Arcisio, a cui un oracolo aveva predetto la morte per mano di un nipote. Per questa ragione, Arcisio scelse di chiuderla in una torre di bronzo, ma Giove, trasformatosi in una pioggia d’oro, si congiunse alla donna e dall’unione nacque Perseo, il mitico uccisore di Medusa. Tale mito diventò per Tiziano un modo per rappresentare una delle opere più sensuali ed erotiche, dell’intera storia dell’arte di ogni tempo, facendo scuola tra i pittori e rappresentando uno dei più meravigliosi nudi della storia dell'arte. Difatti la Danae è un’inconfondibile nudo Tizianesco a forte carica erotica e sensuale (mai volgare).   La Danae di Tiziano, piacque così tanto, che l’artista ricevette piogge di commissioni, motivo per cui ne realizzò in totale 6 versioni differenti: la prima, quella a cui l’artista lavorò per i Farnese, è conservata al Museo Capodimonte di Napoli ed è celebre la frase di Monsignor della Casa a riguardo "a confronto la Venere di Urbino non è che una monaca teatina", evidenziando il grande erotismo evocato dalla Danae. Tiziano rappresenta Danae, distesa sul letto e accanto a lei il piccolo Dio, spaventato dalla pioggia dorata. Ciò che colpisce è qualcosa di nuovo e intensamente diverso: il fiato di colori, lo stesso che Michelangelo ha ammirato una volta che l’opera è giunta nella città eterna. Questo fiato di colori rappresenta la capacità di Tiziano, di raccontarci attraverso l’atmosfera, carica e satura di dorato, tutto il momento altissimo e straordinario, in cui la scena stessa è avvolta di una luce che ammorbidisce i contorni, che ci dà l’immagine dell’opulenza femminile e dell’opulenza Cinquecentesca di quell’immaginario che diventerà il punto di partenza di Pieter Paul Rubens e di tutte le generazioni successive. Il Buonarroti rimase sbalordito e la lodò, dicendo che gli piaceva quella maniera coloristica eccezionale e che non aveva mai visto niente di simile prima: con questa frase, Michelangelo coglie la genialità di Tiziano, un artista che riuscì a rendere, come nessun altro fece prima, col solo uso del colore, l’estrema qualità materica degli oggetti, delle forme e la dimensione psicologica dei personaggi, elevando la pittura a vitale palpitazione emotiva, rimanendo tutt’oggi ineguagliabile. Lo sguardo di Danae è compiacente e rivolto verso l’alto in direzione di Giove, già sotto forma di pioggia di monete d’oro, resa perfettamente dal genio cadorino, da quel fiato di colori sopracitato. Le ombre colorate e i graduati chiaroscuri che modellano le forme di Danae e Cupido, rendono l’atmosfera ancora più sensuale e naturale. Il sentimento erotico traspare dal corpo della Danae, in completo abbandono, con la mano che agguanta il lenzuolo e con le gambe aperte, in procinto di ricevere la pioggia fecondante. La presenza di Cupido, Dio dell’amore, simboleggia senz’altro il tema amoroso del dipinto, però potrebbe anche simboleggiare la passione del cardinale Alessandro Farnese, il committente dell’opera. Da un esame di studio dell’opera ai raggi x,  si nota la mancanza di un disegno preparatorio sotto la pittura dell’opera: la caratteristica straordinaria della Danae è il colore puro, fatto di morbide pennellate, in perfetto stile Tizianesco, dove il pittore supera il più arretrato stile di plasticità dei corpi michelangioleschi, dando una dimostrazione di evoluzione artistica nella Roma di Michelangelo: quel colore puro di Tiziano, è la stessa maniera di dipingere degli impressionisti, anticipando l'arte di oltre due secoli dopo. Tuttavia nella Danae conservata al Prado di Madrid, realizzata per Filippo II, vi è una differenza interessante: non vi è più cupido ed al suo posto vi è una nutrice intenta a raccogliere le monete d'oro. Questa figura rappresenta l'avidità e la stoltezza. Ciò ispirerà proprio Artemisia Gentileschi, che rappresenta la nutrice intenta a raccogliere le monete d'oro e la Danae distesa su un letto riprendendo l'iconografia della Venere di Urbino di Tiziano, dal quale riprende anche il rosso passione del letto ed il bianco purezza del lenzuolo. Come la Venere Urbino di Tiziano, Artemisia nella sua Danae sceglie un ambiente scuro per dar risalto all'incarnato luminoso della figura, esaltando le sue forme rotonde da cui si genera la forte carica erotica. Anche Rembrandt si ispirerà alla Venere di Urbino di Tiziano, raffigurando una Danae distesa su un letto avvolta da grande luce. Ma in Rembrandt vi è un dettaglio piuttosto interessante: non vi è nessuna nutrice, ne cupido, ma nemmeno la presenza della pioggia d'oro. Qui la Danae sta infatti osservando un punto lontano e sta facendo un gesto con la mano: è un gesto rivolto alla pioggia d'oro che sta per arrivare, e lei la guarda nell'atto di accoglierla. In Rembrandt vi è dunque una teatralità ed una dinamicità così forte, da ispirare tutte i dipinti di Danae del '600 e del '700, di artisti come Mengs, Tiepolo e tanti altri. Ma se in Tiziano e Artemisia vi erano riferimenti espliciti, ed in Rembrandt impliciti, in Tintoretto ci appare una Danae che sta per alzarsi, per nulla pudìca, nell'atto di contare le monete d'oro, dunque subito dopo la fecondazione, accompagnata da un'ancella ed immersa in una cupa atmosfera notturna che anticiperà il Barocco. Scelte totalmente diverse aveva fatto molti anni prima Correggio, che ci propone una Danae seduta sul letto, in cui manca la sensualità erotica presente negli altri dipinti. Correggio raffigura, infatti, una versione classica della Danae, con una posa aggraziata. Tale grazia è rispecchiata anche dall'ambiente sereno che si rispecchia dalla luce del paesaggio che entra dalla finestra, un paesaggio solenne ed armonioso, proprio come questa graziosa ed elegante Danae. Da tutti questi dipinti si arriva al Novecento, periodo in cui Klimt ci propone la più erotica Danae di tutta la storia dell'arte: del resto era proprio Klimt a sostenere che tutta l'arte è erotica. Dove possiamo notare questo forte erotismo nella Danae di Klimt? in primo luogo dallo sguardo di totale abbandono al piacere, impresso nel volto con gli occhi chiusi. Altri riferimenti che suscitano erotismo li possiamo notare nel rettangolino nero accanto alla vulva, che per Klimt raffigura l'uomo, simboleggiando il principio del piacere maschile: la pioggia d'ora non è più Zeus in quest'opera, ma è appunto l'uomo. Un altro simbolo di forte erotismo lo si può intravedere dalla mano sinistra della figura, che, posta tra le gambe, simboleggia l'autoerotismo. Inoltre in quest'opera le forme tondeggianti del velo, non solo alludono al principio femminile ma simboleggiano anche l'immagine delle cellule, richiamando, dunque, l'inizio della vita.
Tiziano Vecellio, Danae, Museo del Prado, Madrid, 1553.
Artemisia Gentileschi, Danae, 1612, Saint Louis Art Museum.
Rembrandt, Danae, 1636, Ermitage, San Pietroburgo.
Tintoretto, Danae, 1570, Museo di Belle Arti, Lione.
Correggio, Danae, 1532, Galleria Borghese, Roma.
Danae, Klimt, 1908, Galerie W
ürthle, Vienna.



Articolo di Dario Romano.







Commenti

  1. Bellissima lezione d'arte maestro Dario Romano. Opere meravigliose, di questi immortali artisti che narrano uno dei miei miti preferiti.

    RispondiElimina
  2. Commento superbo e opere bellissime. Se ne dovessi scegliere una direi la Danae di Tiziano, quando la vidi dal vivo a Napoli rimasi tanto tempo a contemplarla, tanta era l'emozione che mi ha suscitato.

    RispondiElimina
  3. La tua capacità di raccontare e spiegare il mito attraverso l'arte è un qualcosa di eccezionale che tiene legato alla lettura. Poi queste versioni della Danae sono una più bella dell'altra.

    RispondiElimina

Posta un commento