Dario Romano: La Crocifissione, da Tiziano a Goya, quattro capolavori

Tiziano, Crocifissione, 1555, olio su tela, 214x109cm, Monastero dell'Escorial, San Lorenzo dell'Escorial (Madrid).

In questo articolo vi descriverò quattro capolavori riguardanti il Cristo Crocifisso, di Tiziano, Velazquez, Rubens e Goya. Partiamo da quella di Tiziano che sarà anche quella che ispirerà le altre tre. La tela del sommo pittore cadorino è stata realizzata per Filippo II, il Re di Spagna di cui Tiziano fu il pittore preferito e di corte. E' uno dei capolavori della fase anziana del pittore, fase celebre per la sconcertante modernità per i tempi rinascimentali in cui l'artista viveva; difatti sarà la tela che ispirerà, nella medesima tematica, i grandi maestri successivi di cui parleremo in questo articolo. Il dipinto è di dimensioni gigantesche e notiamo subito il Cristo isolato, che domina uno spazio cupo e angoscioso, che evoca sensazioni di tragica drammaticità, avvertibile osservando anche il tempestoso cielo fulminante, che enfatizza il drammatico evento. La fase tarda di Tiziano è una fase di meditazione e riflessione sulla sofferenza umana. Sofferenza umana che possiamo notare nei chiari spruzzi di sangue che avvolgono realisticamente il corpo ed il sudario del Cristo, ed al contempo sofferenza umana enfatizzata dalla scelta cromatica sapiente e geniale dell'artista, che non smette mai di sperimentale nella sua longeva carriera. L'artista adopera tonalità scure ed ocra e sceglie di rendere informale lo sfondo, abbozzandolo, per dar maggior risalto alla Croce e alla splendida luce che avvolge il corpo del Cristo: un corpo che Tiziano sfalda stendendo colore puro con le dita, proprio come uno scultore lavorerebbe la materia grezza. Tiziano ci dà l'immagine perfettamente anatomica di un Cristo in cui notiamo una perfetta simbiosi tra materia, fisicità e spiritualità e nonostante l'immagine sia impressa, ferma e statica, essa suscita dinamismo e coinvolgimento emotivo nello spettatore: la testa abbandonata verso il basso, del Cristo, ci fa capire tutta la sofferenza umana e l'assenza della vita, ma è un'assenza apparente e soltanto fisica, in quanto possiamo, dalla splendida luce di cui è dotato il corpo di Cristo, possiamo notare la speranza della vita, resa dal danzante colore che Tiziano adopera raccontandoci la drammaticità dell'evento. E' una scelta tecnica e stilistica dell'artista che nei secoli influenzerà il Romanticismo, l'Impressionismo e perfino l'Espressionismo, fino ad arrivare all'Action Painting. Difatti chi guarda la tela, penserebbe si tratti di un dipinto forse Romantico, ricordando artisti come Delacroix o Gericault, ma non di certo Rinascimentale, e questa è la grandezza della modernità di Tiziano. Tutti gli artisti successivi saranno toccati da questa ventata di lezione del maestro Veneto, a cominciare da Diego Velazquez, il più grande pittore del Secolo d'Oro Spagnolo, che nella sua Crocifissione prenderà come riferimento principale quella Tizianesca, tanto studiata e ammirata dal vivo.
Diego Velazquez, Cristo Crocifisso, 1632, 248x169 cm, olio su tela, Museo del Prado, Madrid.

Se Tiziano aveva enfatizzato la drammatica sofferenza umana, abbozzando il paesaggio per dar maggior risalto al Cristo Crocifisso, in Velazquez questo è ancora più evidente in quanto l'artista rende ancora più essenziale la composizione, eliminando ogni tipo di paesaggio o di elemento simbolico, e lasciando solamente uno sfondo nero da cui emerge pieno di luce il Cristo in Croce. In Velazquez, essenzialità fa rima con sofferenza del dramma umano, e la luce, quasi sovrannaturale, con cui l'artista riempie il corpo del Cristo, lo fanno sembrare quasi una scultura che prenda vita, pronta ad uscire fuori dal dipinto, o cadere, abbandonata nella morte, verso di noi. E' proprio la luce l'elemento portante del dipinto, una luce che va in contrasto con lo sfondo scuro del dipinto, e da tale contrasto si genera una condizione di intima riflessione e meditazione sulla sofferenza, pertanto se la paragoniamo con l'opera di Tiziano, qui vi è maggiore intimità e minore tragicità. Anche Velazquez, come Tiziano, infonde il Cristo di un caldo alone di bagliore luminoso che invoca la speranza, la speranza in grado di superare quei segni di sofferenza visibili nel dolore del sangue che scorre nel corpo e nel sudario.


Pieter Paul Rubens, Cristo Crocifisso, 1610-1611, 219x222 cm, olio su tela, Museo delle Belle Arti di Anversa.

Rubens, riprende tutta l'iconografia Tizianesca, applicando la medesima scelta di creare un paesaggio notturno, cupo, tragico e angoscioso, che vada in contrasto con la luce risaltante del Cristo in Croce. Ma in Tiziano vi è più solennità, più sfaldamento nelle forme tendenti ad evidenziare la tragicità dell'evento. In Rubens tutto appare altamente ricco d'espressione, come se il Cristo fosse un attore nell'atto di recitare una scena teatrale riguardante la Crocifissione. Se in Tiziano la tragicità è resa mediante lo sfaldamento della materia pittorica, questa stessa in Rubens è abbastanza finita, ricca e definita, e se in Tiziano e Velazquez vi è maggiore riflessione ed intimità, in Rubens vi è maggiore teatralità e vivacità, anche perché non siamo ancora dinanzi ad un Cristo morto, bensì il Cristo è ancora vivo, nell'atto di uno dei suoi ultimi respiri, mentre osserva il cielo affidandosi al Padre Eterno. Se in Tiziano e Velazquez vi è meditazione riflessiva, in Rubens vi è un forte affidamento alla gloria del Padre. Se Tiziano e Velazquez ci insegnano a credere nella fede della speranza della vita eterna, Rubens ci insegna ad affidarci ogni giorno a Dio.
Francisco Goya, Cristo Crocifisso, Museo del Prado, Madrid, Olio su tela, 255x154 cm.

La strada del Cristo vivo immortalato da Rubens, verrà percorsa anche da Francisco Goya, seppur in maniera un po' differente nell'esecuzione. In Goya notiamo che vi è l'applicazione di uno sfondo nero, proprio come in Velazquez, che immerge l'opera in una profonda intimità spirituale. E' uno sfondo nero da cui emerge il Cristo Crocifisso ancora vivo per poco, che proprio come quello di Rubens guarda in alto, affidandosi al Dio Padre. In Goya vi è un elemento differente dalle altre tre opere descritte pocanzi: la totale assenza del sangue e dei segni della passione sul corpo. Goya dipinge un Cristo dotato di bellezza ideale neoclassica, forse influenzato in tal senso da Mengs, privo di ogni segno di ferita dovuta al Calvario della Passione. Con tale scelta, l'artista ci comunica un Cristo sicuro di vincere la morte, un Cristo forte e vigoroso, che non ha la riflessione di quello Tizianesco o di Velazquez, che non ha nemmeno la vitale potenza teatrale di quello di Rubens, ma che ha la sicura consapevolezza della sua bellezza fisica che corrisponde a quella spirituale, quella stessa consapevolezza e sicurezza nei propri mezzi nel vincere la morte, facendosi carico delle sofferenze umane, che paiono non toccarlo (fisicamente) minimamente.

Articolo di Dario Romano.



Commenti

  1. Le sue parole sono sublimi!! Grazie per farci conoscere tutte queste bellezze, questi dipinti sono stupendi...non me ne vogliano gli altri 3 però il mio preferito è quello di Tiziano, è un dipinto in cui c'è tutto, lo trovo il più completo dei 4... w il made in Italy!!!

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  2. Impeccabile e piacevole commento di queste bellissime opere di questi grandi artisti, grazie Dario.

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  3. Bellissime opere, ma tra le quattro quella di Tiziano è di un altro livello. Il suo commento rispecchia la sua eccelsa mente nel raccontare e descrivere al meglio l'arte, complimenti.

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  4. Thank you so much for sharing and the excellent information
    Arte Divulgata

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  5. Che capolavori ! Tutti bellissimi 🙏

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  6. Maria Teresa Salomoni30 marzo 2024 alle ore 18:02

    Che commento interessante e "denso". Grazie

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  7. Commento meraviglioso, grazie

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