Dario Romano: Salvador Dalí e l'arte di trasformare l'inconscio in pittura

 

Salvador Dalí, L’uomo invisibile, 1929, Museo Reina Sofia, Madrid.

Salvador Dalí

L’artista nasce a Figueres, in Catalogna, nel 1904. Frequenta la Real Academia de Bellas Artes de San Fernando a Madrid dove stringe amicizia con il poeta Lorca. A Parigi, nel 1927, incontra Picasso. Nel 1928 collabora al film surrealista Un Chien Andalou ed esegue i suoi primi dipinti surrealisti. Negli anni trenta collabora a diverse pubblicazioni e tiene la prima personale negli Stati Uniti, effettuando anche alcuni viaggi in Italia per studiare l’arte del XVI e XVII secolo. Nel 1940 si rifugia negli USA, dove si occupa di produzioni teatrali, scrive, illustra libri e dipinge. Ritorna in Europa nel 1948 e si stabilisce in Spagna a Port Lligat con la moglie Gala: dipinge quadri di soggetto religioso e continua a dipingere fino a tarda età. Muore nel 1989. L’arte di Salvador si caratterizza per l’estrema cura nella rappresentazione di immagini tratte dal mondo reale. L’artista le ha accostate in modo inconsueto, trasformandole e modificando alcune parti, in modo da mettere in discussione le nostre certezze. Tra le tecniche utilizzate da Salvador vi sono gli inganni visivi e le immagini ambigue. Il pittore affermava che la sua arte si basava su un principio da lui stesso definito “guardare un oggetto e vederne un altro”. L’uomo invisibile è basato sulla possibilità di vedere più cose in una stessa immagine: per Salvador significa moltiplicare le realtà possibili. Nel dipinto figura e sfondo si invertono: si scorgerà così un uomo seduto oppure un paesaggio con edifici incompiuti e figure. I capelli dell’uomo diventano nuvole di un cielo all’alba: i suoi occhi sono globi azzurri che ritroviamo, di uguale dimensione, anche in fondo al paesaggio. Una testa scolpita nasconde un secondo volto bizzarro, ma la forma dell’acconciatura la trasforma in un vaso. Il braccio destro assume la forma di un busto femminile visto di spalle, quello sinistro diventa una colonna che sorregge una statua in bronzo. Le mani possono trasformarsi nei contorni di uno strano vaso, la cui forma ricorda la testa di uno scarabeo. I contorni del piede destro rivelano la sagoma di un cane in posizione d’attacco. Salvador Dalí in origine era un pittore figurativo abilissimo nel disegno e nell’uso del colore, come osserviamo nella Figura alla finestra. Approdò al Surrealismo nel 1929, dopo aver conosciuto a Parigi il Futurismo, la Metafisica ed il Cubismo. Definì il suo metodo paranoico-critico: consisteva nel tradurre in immagini le conseguenze di quella che lui stesso considerava una malattia mentale cronica, ovvero un’alterazione della mente, caratterizzata da “delusioni sistematiche, con o senza allucinazione dei sensi”. Ne derivano figure dipinte con precisione, ma deformate e inquietanti: rocce antropomorfe, figure ibride, illusioni ottiche, oggetti trasformati, come gli “orologi molli".

Salvador Dalí , Figura alla finestra, 1925, Museo Reina Sofia, Madrid.

Uno dei suoi più celebri capolavori è Premonizioni della guerra civile. Il quadro venne completato sei mesi prima dell’inizio della guerra civile spagnola e risente del clima drammatico di quegli anni, mostrandosi come un terribile presagio. Un essere enorme e mostruoso, composto da parti antropomorfe ma disordinate, è intento a strozzarsi, dunque ad autodistruggersi: è il simbolo della violenza irrazionale. L’essere mostruoso si innalza in un paesaggio desolato, in cui, però, si riconosce l’Ampurdan, la regione della Catalogna in cui viveva il pittore. Gli oggetti molli e deformati rappresentano lo scorrere del tempo, a causa del quale ogni cosa si trasforma.

Premonizioni della guerra civile, 1936, Philadelphia, Collezione privata,

L’artista è passato attraverso l’esperienza dadaista prima di approdare al Surrealismo. Il Telefono aragosta, del 1936, testimonia la continuità tra i due movimenti. È un classico esempio di oggetto surrealista, realizzato dall’unione di elementi normalmente non associati tra loro: ne risulta qualcosa di giocoso e minaccioso allo stesso tempo. Salvador credeva che tali oggetti svelassero i desideri segreti dell’inconscio. Aragoste e telefoni erano elementi ricorrenti nelle raffigurazioni dell’artista, che vi conferiva un forte significato di passionalità. Di quest’opera, come di altri assemblaggi surreali o dei ready made, esistono numerose versioni.


Telefono aragosta, 1936, Tate Modern, Londra,

Il dipinto più celebre del pittore è sicuramente la Persistenza della memoria, in cui il paesaggio descritto sullo sfondo del quadro è quello di Port Lligat, una località sul mare in Catalogna, dove l’artista aveva fissato la sua dimora, ristrutturando una casa di pescatori. La realtà è sovvertita dalla surreale presenza di orologi molli e deformati. Al centro c’è una figura antropomorfa: un profilo carnoso dalle lunghe ciglia, forse un autoritratto dell’artista, o forse un’immagine ispirata da una roccia che il pittore aveva visto a Capo Creus. La baia è colta nella luminosità del crepuscolo ed il panorama, più chiaro sullo sfondo, evoca atmosfere lontane. I colori sono, in prevalenza, caldi e sfumati, la composizione sbilanciata a sinistra. L’orologio rosso rovesciato, aggredito dalle formiche, rappresenta la corruzione della materia, uno dei temi ricorrenti nelle tele del pittore. Nel suo testo La mia vita segreta, Salvador afferma che gli orologi molli gli furono suggeriti dalla forma e dalla consistenza del formaggio Camembert. Gli orologi molli rappresentano una personale interpretazione della memoria e del concetto di tempo, che non è una entità oggettiva e stabile.

Salvador Dalí, Persistenza della memoria, 1931, MoMA, New York.


Articolo di Dario Romano.

Commenti

  1. Uno dei miei artisti preferiti del Novecento, perfettamente spiegato da te, come sempre sei una garanzia, grazie!

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  2. Lo adoro !!!

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  3. Arte Divulgata una descrizione tanto fluida e descrittiva che rende palpabile e comprensibile
    il creato dell’artista.

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