Dario Romano: Sansevero, il meglio della scultura mondiale del '700 a Napoli

 

Giuseppe Sanmartino, Cristo velato, 1753, Cappella Sansevero, Napoli, marmo, 180x80x50cm.

La Cappella Sansevero: puro virtuosismo scultoreo

Entrare nella Cappella Sansevero è come varcare la soglia di un mondo sospeso tra arte, scienza, esoterismo e meraviglia. In questo scrigno dal sapore barocco, il visitatore viene immediatamente catturato da un senso di silenziosa reverenza: le sculture, i dettagli architettonici, sembrano progettati per interrogare e commuovere, più che per semplicemente stupire.  Raccontare la Cappella Sansevero nella sua interezza è impresa pressoché impossibile: ogni angolo, ogni opera meriterebbe un approfondimento dedicato. Per questo motivo, in questo articolo ci concentreremo su quattro capolavori assoluti, che da soli giustificano una visita: il Cristo Velato, il Disinganno, la Pudicizia e l'altare maggiore con la Deposizione. Opere che rappresentano l'apice della scultura settecentesca europea, capaci di sfidare i limiti della materia con un virtuosismo tecnico ancora oggi ineguagliato. Per comprendere pienamente la potenza espressiva e tecnica di queste opere, è essenziale partire da chi ne ha aperto la strada: Antonio Corradini.

Antonio Corradini e l'invenzione del velo di marmo

Antonio Corradini, scultore veneziano nato nel 1688, fu il maggiore interprete della tecnica del “velo” marmoreo. Una trovata estetica e tecnica che rivoluzionò la scultura barocca, dando l’illusione che il marmo potesse diventare trasparente. Corradini scolpiva veli sottilissimi che aderivano perfettamente ai corpi sottostanti, lasciando intravedere tratti, gesti, emozioni. Il suo stile, raffinato e illusionistico, ebbe un’influenza profonda su tutta la scultura europea del tempo: lavorò per numerosi committenti di tutto il continente, scalando l'olimpo di più grande scultore del Settecento.

La Pudicizia (1752): velata ma non nascosta

La Pudicizia, scolpita nel 1752 da Corradini poco prima della sua morte, è una delle opere più poetiche dell’intero complesso. Raffigura una giovane donna coperta da un velo trasparente che ne lascia intuire le forme, in un equilibrio perfetto tra castità e sensualità. Si tratta di un’allegoria della purezza e della virtù filiale, dedicata alla madre del principe, Cecilia Gaetani dell’Aquila d’Aragona, morta quando Raimondo aveva solo un anno. Corradini, attraverso il velo marmoreo, riesce a trasmettere un senso di spiritualità silenziosa e dolorosa. La figura siede compostamente su un alto basamento decorato con bassorilievi che alludono alla maternità, alla morte e alla resurrezione. Il corpo è interamente avvolto dal velo, ma il volto resta sereno, dolce, quasi trascendente. È il capolavoro di Corradini, l’ultimo della sua carriera e l’opera che passerà idealmente il testimone al Cristo velato.

Il Cristo Velato (1753): l’apice dell’illusione scultorea

Corradini era stato incaricato di eseguire anche il Cristo velato, ma morì prima di poterla realizzare. Tuttavia lasciò un bozzetto che influenzò profondamente l'esecuzione dell'artista che fu incaricato da Raimondo di Sangro: Giuseppe Sanmartino, allora giovane scultore napoletano. Sanmartino riprese l’idea corradiniana del velo e realizzò un Cristo morto adagiato su un catafalco. Il Cristo velato, realizzato nel 1753, è considerato uno dei capolavori assoluti della scultura mondiale. Il corpo di Gesù, esanime dopo la crocifissione, è coperto da un sottilissimo sudario di marmo che aderisce al volto, al petto, alle membra, rivelando ogni dettaglio anatomico: le vene, le ferite, la tensione dei muscoli rilassati. La scultura dà l’illusione che il velo sia reale e appoggiato successivamente sul corpo scolpito. Si tratta di un’opera profondamente emotiva: Sanmartino non rappresenta soltanto la morte, ma anche la sofferenza, la compassione e la speranza. I simboli ai piedi del Cristo – la corona di spine, i chiodi, le tenaglie – completano la scena con un realismo drammatico. La fama del Cristo velato fu tale che molti visitatori del Settecento credettero che il velo fosse stato ottenuto attraverso un processo chimico, pietrificando un vero tessuto. Ma era solo – si fa per dire – marmo, scalpello e genio. Matilde Serao scrisse che su quel corpo «una religiosa e delicata pietà ha gettato un lenzuolo [...] che vela senza nascondere, che non cela la piaga ma la mostra». Anche Antonio Canova, dopo averlo visto, affermò che avrebbe ceduto dieci anni della sua vita pur di averne la paternità.

Il Disinganno (1754): la redenzione attraverso la conoscenza

Nel percorso simbolico della cappella, accanto alla sofferenza e alla virtù, trova posto anche la liberazione dal peccato e dall’ignoranza. È questo il significato del Disinganno, scolpito nel 1754 da Francesco Queirolo, altro grande artista barocco. Un'opera che racconta la redenzione, ma lo fa attraverso un'impostazione scenografica e simbolica potentissima. L’uomo raffigurato sta liberandosi da una rete intricata: allegoria dei vizi e degli inganni del mondo. A guidarlo è un putto, simbolo dell’intelletto illuminato, che indica un globo – metafora della vita terrena – mentre ai piedi della scena si trovano una Bibbia e un bassorilievo raffigurante Gesù che ridona la vista al cieco. L’opera è dedicata al padre di Raimondo, Antonio di Sangro, che abbandonò la famiglia per dedicarsi alla vita spirituale. L’aspetto più stupefacente dell’opera è proprio quella rete di marmo, scolpita interamente da un unico blocco, che avvolge il corpo e sembra letteralmente impossibile da realizzare. Il dettaglio della rete, che evidenzia il prodigio tecnico dell'artista, è scolpito con un tale grado di finezza che gli artigiani si rifiutarono di rifinirla per timore di romperla. Lo stesso Queirolo dovette levigarla a mano. La scena ha un forte impatto: l’uomo ha un volto sofferente, consapevole, quasi redento. L’angelo lo guarda con dolcezza e fermezza. In basso, un libro aperto e un globo terrestre alludono alla conoscenza, al sapere e alla verità come strumenti per uscire dall’ignoranza. Giangiuseppe Origlia, nel XVIII secolo, scrisse che era «l’ultima pruova ardita, a cui può la scultura in marmo azzardarsi».

La Deposizione di Cristo: il rilievo nascosto

Accanto alle tre grandi sculture, spesso sfugge ai visitatori un piccolo gioiello posto sulla parete sinistra della cappella: il rilievo della Deposizione di Cristo. Quest’opera, meno nota e più discreta, raffigura il momento in cui il corpo di Gesù viene deposto dalla croce. Si distingue per l’attenzione alla narrazione e per l’equilibrio compositivo. Il rilievo funge quasi da eco narrativo al Cristo velato: se lì vediamo il corpo di Cristo nel momento del massimo abbandono, qui ne è raccontata l’origine, la discesa dalla croce. È un’opera che completa idealmente il percorso teologico e simbolico della cappella, chiudendo il cerchio tra morte, compassione e redenzione.
Antonio Corradini, la Pudicizia, 1752, marmo, Cappella di Sansevero, Napoli.
Dettaglio della Pudicizia.
Dettaglio della Pudicizia.
Giuseppe Sanmartino, Cristo velato, 1753, Cappella Sansevero, Napoli, marmo, 180x80x50cm.
Cristo velato, dettaglio.
Cristo velato, dettaglio.
Cristo velato, dettaglio.
Cristo velato, dettaglio.
Cristo velato, dettaglio.
Francesco Queirolo, il Disinganno, 1753, marmo, Cappella di Sansevero, Napoli.
il Disinganno, dettaglio.
il Disinganno, dettaglio.
Francesco Celebrano, altorilievo con la Deposizione, altare maggiore della Cappella di Sansevero, Napoli.
Dettaglio della Deposizione.
Dettaglio della Deposizione.




Articolo di Dario Romano di Arte Divulgata.





























Commenti

  1. Vedere una volta nella vita

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  2. Боже какая красота просто прелесть шедевр

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  3. Una bellissima scultura. Grazie mille per condividirla

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  4. Quando l'arte diventa qualcosa di sublime

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  5. Rivisitata due settimane fa....😍❤️

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  6. Visti, meravigliosi

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  7. Ogni volta che rivedo queste sculture provo un' emozione fortissima.

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  8. Semplicemente da restare estasiati....capolavori senza tempo

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  9. Beautiful...unique!

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  10. Opere magnifiche

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  11. È veramente meravigliosa

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  12. È qualcosa veramente di incredibile. Ho visitato la cappella Sansevero tre mesi fa. Spettacolare, da restare a bocca aperta.

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  13. Che meraviglie!!!!!!

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  14. Opere di grande impatto

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  15. Spettacolare

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