Dario Romano: Tiziano, il dio dell'arte, il più grande e influente pittore di tutti i tempi

 

Tiziano, Autoritratto, 1562 circa, olio su tela, 96x75 cm, Berlino, Staatliche Museen, Gemäldegalerie.

Tiziano Vecellio, “dio dell’arte”. Ritratto totale del più grande e influente pittore di ogni tempo

Chi guarda Tiziano entra in un teatro di luce. Figure e paesaggi si accendono in controluce, il colore diventa voce, la scena si fa dramma e respiro: è così che il cadorino conquista la supremazia tra gli artisti del Rinascimento e diventa il vero snodo dell’arte moderna. Nel mio libro Tiziano Vecellio: Il dio dell’arte: Il più grande e influente pittore di tutti i tempi ho mostrato come la sua lezione irradi per secoli, sino a noi, e perché chiamarlo “dio dell’arte” non è enfasi ma diagnosi storica. Già i contemporanei lo riconobbero come unico. Lodovico Dolce, nel 1557, celebrava il suo “perfetto colorire”, quella pittura fatta di lumi e ombre che “combattono e scherzano… come la stessa natura” — una definizione che ancora oggi spiega perché le sue figure “sono vive” e le carni “tremano”.  Poco dopo, Giovanni Paolo Lomazzo lo innalza “come sole fra piccole stelle… fra tutti i pittori del mondo”, sottolineando l’ampiezza dei suoi domini: dalle figure ai paesaggi, dai panni di seta alle armature, fino ai moti del cielo e della terra. Marco Boschini, nel Seicento, ribadirà: i pennelli di Tiziano “partoriscono espressioni di vita”, sottolineando come, da sempre, i dipinti del cadorino siano sempre paragonati alla  vita, godendo essi stessi di una propria vita. 

Le tre età dello stile: giovanile, maturo, ultimo

1) La giovinezza: il tonalismo che inventa la modernità

Il primo Tiziano afferma un tonalismo morbido e sonoro: il colore non riempie la forma, la genera. È la stagione in cui la luce orchestra masse cromatiche e lo spazio respira in profondità. Non a caso, già qui si definisce il suo primato: le ricerche sul colore della giovinezza — insieme a quelle dei decenni successivi — lo renderanno l’artista più conteso da corti e papi, capace di influenzare un’intera generazione e oltre. Lo stesso Giorgione, collega e amico, dirà che Tiziano era già pittore quand'era nel grembo materno. Nel ritratto, la rivoluzione è immediata: contatto diretto con lo spettatore, energia psicologica, protagonisti colti nel loro moto interiore. Il Ritratto di Ariosto (1510) unisce realismo tattile (la manica di raso che “fa volume”) e penetrazione psicologica; quell’invenzione iconografica risuonerà nell’autoritratto con camicia ricamata di Rembrandt più d’un secolo dopo. La medesima innovazione si legge nella Schiavona: bellezza come pienezza di forma e azione. Accanto alla ritrattistica, Tiziano avvia una riflessione protofemminista, per la prima volta nella storia dell'arte: mezzi busti femminili sensuali e forti, donne fiere e sicure di sé che inaugurano una nuova iconografia del femminile nel Cinquecento internazionale. In Flora (1515) pudicizia e voluptas convivono in una figura che diventerà modello europeo; non a caso la posa e il candore della veste bianca ispireranno artisti come Caravaggio e Rembrandt. La crisi di peste del 1510 porta Tiziano a Padova: negli affreschi della Scuola del Santo (Miracolo del marito geloso, del neonato, del piede risanato) il registro drammatico si fa sociale. Nel primo, l’artista mette al centro la violenza subita dalla donna, relegando in secondo piano la supplica del marito: una denuncia delle disparità tra i sessi, precocissima nella storia dell’arte.
Tiziano, Ritratto di Ariosto, 1510, 81,2×66,3 cm, olio su tela, National Gallery, Londra.
Tiziano, Flora, 1515, olio su tela, Uffizi, Firenze, 79×63 cm.
Tiziano, Miracolo del marito geloso, Padova, Scuola del Santo, affresco, 340×207 cm.

2) La maturità: il classicismo cromatico e la perfezione del Rinascimento

Tra gli anni Venti e Quaranta del Cinquecento, Tiziano incarna la perfezione del Rinascimento maturo. Il suo classicismo è cromatico: la forma si compie nella luce, i contorni vibrano nella sostanza del colore, non nella linea. È in questa fase che vince anche la sfida con il nascente Manierismo centro-italiano: può adottarne i dispositivi quando vuole, ma senza tradire la propria identità veneziana. Non a caso dichiarerà di evitare “categoricamente” gli stili di Raffaello e Michelangelo: la sua ambizione non è quella dell’imitatore. Il 1516 sancisce il suo rango ufficiale: pittore di Stato della Serenissima (con rendita annua ed esenzioni), carica mantenuta per oltre sessant’anni. È l’epoca in cui la sua bottega si organizza in rete di collaboratori, ma l’ultimo tocco è sempre suo: la pennellata finale che rende ogni dipinto inimitabile. Non stupisce che diventi l’artista più ricco della storia, cercato dalle corti di Ferrara, Mantova, Roma, dagli Asburgo e dalle grandi corti europee. Due capolavori veneziani segnano questa ascesa e spiegano la sua “idea imperiale”: l’Assunta dei Frari e la Madonna Pesaro, opere che decorano la basilica dove Tiziano sarà sepolto. Il primo dipinto è noto come "la Perfezione del Rinascimento": è un quadro proto-barocco, in cui Tiziano crea un moto continuo di gesti e sentimenti mai visti prima, è un vero e proprio teatro del colore, definito da Canova come il quadro più bello del mondo. Il secondo dipinto è considerato uno dei capisaldi della pittura universale per la perfezione del disegno e del colore e per la rivoluzione iconografica riscontrata nella posizione decentrata della Madonna: questo dipinto spiega perfettamente l'affermazione di Delacroix che definisce Tiziano come "il più grande colorista e al contempo il più grande disegnatore di tutti i tempi". Il Rosso Tiziano, una tonalità calda rosso-arancio dorata, diventa cifra sensuale e sacra: dalla Flora alla Venere di Urbino, fino all’aurea divina dell’Assunta, quel rosso dà corpo ai sentimenti, alla forza dei ritratti di Carlo V e al bagliore celeste della Vergine. (Curiosità: oggi è citato perfino in cromoterapia).
Tiziano, Assunta, Basilica di Santa Maria Gloriosa dei Frari, Venezia, 1516, olio su tela, 690x360cm.
Tiziano, Pala Pesaro, Basilica di Santa Maria Gloriosa dei Frari, Venezia, 1519, olio su tela, 478x268cm.
Tiziano, Venere di Urbino, Firenze, Uffizi, 1538, 119x165cm, olio su tela.
Tiziano, Ritratto di Carlo V a cavallo, 1548, Madrid, Museo del Prado, olio su tela, 332x279cm.

3) L’ultima maniera: informe, impasto, non-finito

Dagli anni Quaranta in avanti, l’artista scioglie la forma nel colore. Il contorno si fa incerto, la pennellata vibra pastosa, compaiono gli sfregazzi, colpi di luce stesi sul colore, e persino la mano nuda che impasta e graffia la materia. Tiziano mostra il pennello, lascia vedere il processo. È un linguaggio che anticipa Espressionismo, Impressionismo e Action Painting: l’occhio umano vede così, per masse e bagliori, non per contorni. La parabola si chiude con i “quadri della morte” e la Pietà (destinata alla sua tomba ai Frari), capolavoro non finito che condensa la sua visione tragica e universale. Il congedo terreno, durante la peste, non cancella gli onori: sarà sepolto ai Frari e, nel 1838, l’imperatore Ferdinando I farà erigere la tomba monumentale all’artista che aveva glorificato gli Asburgo sulle tele. L’invenzione capitale è teorica e tecnica: non esiste una forma che preesista al colore. La forma nasce nel turbine cromatico, nella luce che la investe direttamente sulla tela, senza cartoni. Da vicino, le immagini sono impasti indefiniti; a distanza, si ricompongono in visioni vivissime. È una concezione estremamente moderna e attuale per il tempo in cui viveva Tiziano, opposta all’“arretrata scuola fiorentina” del primato del disegno.
Tiziano, Martirio di San Lorenzo, Venezia, Chiesa dei Gesuiti, olio su tela, 500x280, 1548.
Tiziano, Punizione di Marsia, 1570-76, olio su tela, 212x207, Galleria Arcivescovile, Kromeriz.
Tiziano, Pietà, Venezia, Gallerie dell'Accademia, 1576, olio su tela, 351x389cm.

Il ritratto come vita psichica

Nel ritratto, Tiziano unisce analisi fisiognomica, teatralità della luce e psicologia. L’Ariosto ha fatto scuola; Flora diventa un archetipo; i ritratti dei Papi, di Carlo V e della corte imperiale fondano un’iconografia del potere che influenzerà Velázquez e van Dyck. Già i contemporanei notavano come “i suoi pennelli partoriscano espressioni di vita”, conquistando lo stato di più grande ritrattista del suo secolo e di tutti i tempi.
Tiziano, Ritratto di Paolo III e i suoi nipoti, 1545, 210x174, olio su tela, Napoli, Museo Capodimonte.
Tiziano, Ritratto di Filippo II in armatura, 1551, Madrid, Museo del Prado, olio su tela, 193x111cm.

La donna, tra pudicizia e voluptas: un protofemminismo

Dalle mezze figure veneziane alla Venere di Urbino, Tiziano elevò lo statuto della figura femminile in pittura: sensualità e dignità convivono; l’erotico diventa campo poetico alto. Già nella Venere dormiente (completata dopo la morte di Giorgione) si avvia la grande tradizione del nudo disteso; in Venere e Adone (per Filippo II) la dea è di spalle — invenzione che cambierà la pittura europea. Per la prima volta nella storia della pittura, con Tiziano la donna diventa una figura protagonista, forte, autonoma, fiera. 
Tiziano, Ritratto di Isabella d'Este, 1534, 102x64cm, olio su tela, Vienna, Kunsthistorisches Museum.
Tiziano, Ritratto di Eleonora Gonzaga Della Rovere, Firenze, Uffizi, 1536, olio su tela, 114x103cm.
Tiziano, Danae, 1546, Napoli, Museo Capodimonte, olio su tela, 120x172cm.

“Pittore dell’idea imperiale”: rango, committenze, influenza del primo pittore d'Europa

Ridolfi, nel 1648, resterà sbalordito davanti alla Pala di San Pietro Martire (SS. Giovanni e Paolo), dove la “mistione di colori” imita la verità al punto da “ingannare l’occhio”. La scena pare “un fatto naturale” in una boscaglia all’alba: è la pittura che sostituisce la natura, difatti, lo stesso Tiziano aveva dichiarato che l'arte è più potente della natura e lui è stato l'unico ad essere arrivato a tanto. Nel 1516 Tiziano è pittore ufficiale della Serenissima; le corti si contendono la sua arte, egli seleziona le committenze più stimolanti, delega ma sigilla ogni opera col suo tocco. Questo sistema gli garantisce una ricchezza senza precedenti per un artista. È anche il momento in cui matura la sua immagine pubblica: Conte Palatino e Cavaliere dello Speron d’oro, onori concessi da Carlo V nel 1533 e mostrati con la catena d’oro nell’autoritratto del Prado. La sua arte è imperiale non solo per i committenti, ma per estensione d’influenza: da Tintoretto e Veronese a Caravaggio; da Rubens, Velázquez e Rembrandt fino a Géricault, Delacroix, Reynolds, Turner, impressionisti e postimpressionisti — una costellazione “impensabile” senza la scossa tizianesca. Non stupisce l’ammirazione dei grandi letterati: Goethe loda la limpidezza dei suoi colori, giudicata ineguagliata. Se è vero che Tiziano è il “dio dell’arte” per la sua rivoluzione pittorica, altrettanto vero è che fu l’artista più ambito e corteggiato dai grandi del mondo. Nessun altro pittore, nel Cinquecento, riuscì a concentrare intorno a sé una tale rete di committenti prestigiosi: dalla Serenissima, che lo nominò pittore ufficiale nel 1516 con una rendita stabile, ai Gonzaga di Mantova, agli Este di Ferrara, al Papato, fino alla corte imperiale degli Asburgo. Il caso di Carlo V è emblematico. L’imperatore, che dominava metà del mondo conosciuto, non esitava a mostrare ammirazione verso il maestro cadorino: è rimasta celebre la scena in cui, durante una seduta di posa, Tiziano fece accidentalmente cadere il pennello e Carlo V, il sovrano più potente del pianeta, lo raccolse personalmente da terra e glielo porse, dicendo che “Tiziano è degno di essere servito da un imperatore”. Un aneddoto che vale più di mille parole per misurare il prestigio raggiunto dall’artista. Carlo V stesso dichiarava che “di imperatori ce ne sono tanti, ma di Tiziano ve n’è solo uno”. In questo rapporto si svela il senso della sua “imperialità”: non era un pittore al servizio dei potenti, ma un interlocutore alla pari, la cui arte era ritenuta superiore persino al rango imperiale. Dopo Carlo V, fu il figlio Filippo II di Spagna a diventare il suo committente più fedele e appassionato. Le celebri “Poesie”, ciclo di mitologie erotiche e drammatiche concepite per il re spagnolo, ne sono la testimonianza: un teatro pittorico di desiderio e violenza che anticipa secoli di iconografia europea. Filippo II considerava Tiziano il suo pittore personale e lo predilesse al di sopra di ogni altro maestro. Essere al centro del mondo politico e culturale non significò per Tiziano adattarsi, ma imporre la sua visione. Da Carlo V a Filippo II, dai Dogi ai Papi, dai Gonzaga agli Este, tutti lo vollero e tutti dovettero accettare la sua regola: il colore, la luce, la vita. 
Tiziano, Diana e Atteone, 1556, 191x207cm, olio su tela, Edimburgo, National Gallery of Scotland.
Tiziano, Ratto d'Europa, 1559, 185x205cm, olio su tela, Boston, Isabella Stewart Gardner Museum.

Perché “il più grande e influente” di tutti

Perché inventa un modo di vedere, non un repertorio di forme. Perché traghetta la pittura dal disegno alla luce, dalla linea all’atmosfera, dal contorno alla vibrazione. Perché eleva la donna a soggetto di dignità e desiderio, non semplice ornamento. Perché stringe insieme sacro e profano, mito e realtà, politica e poesia, ritratto e paesaggio. Perché anticipa linguaggi futuri, dall’Impressionismo all’Espressionismo, senza perdere mai la presa sulla vita. Lo dice la sua stessa opera: dalla giovinezza del tonalismo al classicismo cromatico maturo, fino all’ultimo non-finito, ogni fase è una rivoluzione compiuta che si trasforma in punto di riferimento principale e fondamentale per tutti i grandi maestri successivi. Tiziano abbandona il mondo terreno lasciando capolavori che tracciano una linea permanente tra ciò che è avvenuto prima e dopo di lui: dopo Tiziano, l’arte si misura con Tiziano. Tintoretto, Veronese, Caravaggio, Rubens, Velázquez, Rembrandt, Van Dyck, i romantici, gli impressionisti, gli espressionisti: tutti, in modi diversi, gli sono debitori. È la definizione stessa di influenza. Ecco perché chiamarlo “il dio della pittura” non è un titolo, è un criterio storico per capire l’arte dal Cinquecento a oggi. Guardare Tiziano significa imparare come la pittura pensa. Dove altri disegnano, lui inventa; dove altri ornano, lui crea; dove altri imitano, lui fa natura. Se un artista merita il nome di “dio dell’arte”, è quello che ha insegnato a vedere a tutti gli altri: Tiziano Vecellio, lui è pittura. Dalle velature del primo tempo agli impasti dell’ultimo, fino alla mano che lavora direttamente sulla tela: crea una pittura viva, “più potente della natura”, come dirà la critica moderna leggendo la sua evoluzione. Lavora per sfregazzi, creando colpi di luce sul colore per far vibrare la superficie e farla respirare come epidermide; contorni lasciati “indefiniti” perché l’occhio completi: modernità assoluta.

Citazioni di critici e storici

  • “Nessun altro grande artista si appropriò di tanto facendo così poche concessioni; nessun altro grande artista fu tanto flessibile pur restando completamente sé stesso.” (Erwin Panofsky)

  • “Più incantato ancora rimasi di fronte a un quadro di Tiziano. Esso supera in splendore quanti ne ho finora veduti.” (Johann Wolfgang von Goethe, Viaggio in Italia)

  • “Tiziano è uno di quelli che più si avvicinano all'ingegno dell'antico [...]. Coloro che in Tiziano non vedono che il maggiore dei coloristi sono in grande errore: lo è effettivamente, ma al contempo è il primo dei disegnatori.” (Eugène Delacroix)

  • “Tiziano, ecco un uomo fatto per essere apprezzato da chi diventa vecchio [...]. Le qualità del pittore sono portate in lui al punto più alto: ciò che fa è fatto: gli occhi guardano e sono animati dal fuoco della vita. La vita e la ragione sono ovunque.” (Eugène Delacroix)

  • “Tiziano del Cadore, nato pittore per la grazia di Dio e pel vigore della sua tempra, fu durante la sua vita e dopo la sua morte il più vagheggiato e il più universalmente celebre di tutti i Maestri.” (Margarita Miniati)

  • “Tiziano veramente è stato il più eccellente di quanti hanno dipinto: poiché i suoi pennelli sempre partorivano espressioni di vita.” (Marco Boschini)

  • “A Tiziano solo si dee dare la gloria del perfetto colorire: la quale, o non ebbe alcun degli antichi; o, se l’ebbe, mancò, a chi più a chi manco, in tutti i moderni: perciocché, come io dissi, egli cammina di pari con la natura: onde ogni sua figura è viva. si muove, e le carni tremano. Non ha dimostrato Tiziano nelle sue opere vaghezza vana, ma proprietà convenevole di colori; non ornamenti affettati, ma sodezza da maestro; non crudezza, ma il pastoso e tenero della natura: e nelle cose sue combattono e scherzano sempre i lumi con l’ombre, e pèrdono e diminuiscono con quell’istesso modo che fa la medesima natura.” (L. Dolce, Dialogo della pittura, 1557)

  • “Ma fra tutti risplende come sole fra piccole stelle Tiziano, non solo fra gli italiani, ma fra tutti i pittori del mondo, tanto nelle figure quanto nei paesi, aguagliandosi ad Apelle, il quale fu il primo inventore dei tuoni, delle pioggie, dei venti, del sole, dei folgori e delle tempeste. E spezialmente esso Tiziano ha colorito con vaghissima maniera i monti, i piani, gli arbori, i boschi, le ombre, le luci e le inondazioni del mare e dei fiumi, i terremoti, i sassi, gli animali e tutto il resto che appartiene ai paesi. E nelle carni ha avuto tanta venustà e grazia, con quelle sue mischie e tinte, che paiono vere e vive, e principalmente le grassezze e le tenerezze che naturalmente in lui si vedono. La medesima felicità ha dimostro nel dar i colori ai panni di seta, di velluto e di broccato, alle corazze diverse, agli scudi e ai giacchi e ad altre simili cose …” (G. P. Lomazzo, Idea del Tempio detta pittura, 1590)

  • “Il tratto divino in Tiziano è tale, che egli attribuisce agli uomini e alle cose quell’armonia dell’esistenza che, secondo la loro natura, in loro dovrebbe essere contenuta o che già in loro vive, ma ancora oscuramente e senza ben apparire. Tutto quello che nella realtà è disgregato, disperso, contingente, egli lo rappresenta compiuto, libero, felice … Con grande evidenza ciò si manifesta nei ritratti … di fronte ai quali ci si dimentica quasi sempre di domandarsi come mai il maestro abbia potuto dar vita, soltanto in base a tratti fuggenti e nascosti, a simili esistenze grandiose.” (J. Burckhardt, Der Cicerone, 1855)

  • "Di imperatori ce ne sono tanti, di Tiziano c'è n'è solo uno, Tiziano è degno di essere servito da Cesare" (Carlo V)

  • “Ha avuto il dono unico di fare Veneri che sono donne reali, e colossi che sono uomini altrettanto veri.” (H. Taine, Voyage en Italie, 1866)

  • “Tiziano e Shakespeare cominciano e finiscono allo stesso modo, e non casualmente. Entrambi figli del Rinascimento, si svolsero in modi analoghi; e costituirono ciascuno la più alta e completa manifestazione del proprio tempo.” (B. Berenson, The Venetian Painters of the Renaissance, 1894)

    Articolo di Dario Romano di Arte Divulgata. Il contenuto è tratto dai miei libri Tiziano Vecellio: Il dio dell'arte: Il più grande e influente pittore di tutti i tempi e Tiziano: Il Regno del colore del più eccellente di quanti hanno dipinto


































  • Commenti

    1. Hai ragione in tutto, Tiziano è stato un grande. La sua capacità di fondere il sacro con il profano e l'umano con il divino rende i suoi capolavori attuali e universali. Gli effetti luminosi e la ricchezza materica invitano lo spettatore a un'esperienza sensoriale profonda, un'eredità che permea l'arte moderna e contemporanea.

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    2. Tiziano genio ineguagliabile❤️

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    3. Il piu' grande artista di tutti i tempi.

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    4. Tiziano è un incanto e ritrovarsi la sua Assunta all'ingresso della Basilica dei Frari non smetterà mai di incantarmi e incantarci!❤️

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    5. L'Assunta" il più bel quadro del mondo!!!!! E' divino!!!!!

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    6. Infatti trovo in Palma il Giovane una buona “parte tizianesca”

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    7. 💥💥💥❤️❤️❤️

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    8. Grandissimo pittore.

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    9. Un pittore divino.🌺🎵❤😘

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    10. Paola Vittoria Lanzani27 agosto 2025 alle ore 18:19

      Complimenti

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    11. Jean-Francois Delulol28 agosto 2025 alle ore 09:34

      GENIE. ABSOLU !

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    12. Concordo pienamente con quanto scritto dall' autore.Tiziano è il cinquecento e tutto quello che viene dopo, gli deve qualcosa.personalmente,la venere di Urbino è il più bel quadro che sia mai stato dipinto.

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    13. Secondo me questo è un ottimo articolo!

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    14. Complimenti. Io sono un fan recente di Tiziano. L’emozione che suscita con il suo tratto pittorico incompleto, sfumato, veloce, quasi materico, il senso del compiuto nei suoi dipinti, quando si percepisce che non poteva esserci altro modo che dipingere cosi’, che non si poteva rifare, modificare, ricomporre. L’armonia logica del dipinto che colpisce lo spettatore dà soddisfazione ad una sua aspettativa di visione , ma che ha senso universale .E’ tutto cosi normale, immediato, è la fotografia di momenti di una umanità e di una natura reale o fantastica, ma che non è mai in posa, non fa teatro. E’ lettura, sguardo, visione, storia, che ti impressionano, in modo definitivo: dopo aver visto i un suo dipinto non puoi aspettarti nient’altro. Incredibile.

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